lunedì 26 settembre 2016

Le rivolte continueranno

100 anni di rivolte
Nel 1917, i fautori delle supremazia della razza bianca, la Guardia Nazionale e la polizia di Saint Louis hanno ucciso un numero di persone di colore stimato tra 150-200, durante quello a cui si fa riferimento come “Massacro di St.Louis Est.” Proprio come Saint Louis, Chicago era una città industriale emergente che stava sperimentando massicci cambiamenti demografici come conseguenza della “Grande Migrazione” verso nord all’inizio del ventesimo secolo. Analogamente, Chicago sperimentò le sue rivolte razziali nel 1919, dove 39 persone furono uccise e 500 ferite. Due anni dopo, furono uccisi oltre 300 persone di colore durante la “Rivolta razziale di Tulsa.” In altre parole, nulla di tutto questo è una novità per gli Americani di colore.
Purtroppo la storia ha un modo perverso di ripetersi.
Venerdì 16 settembre 2016 una poliziotta bianca di Tulsa, Betty Shelby, ha sparato in pieno giorno a Terence Crutcher e lo ha ucciso, vicino al suo SUV in panne (Betty Shelby ha sostenuto che che stava cercando il suo Taser)*. Quattro giorni dopo, la polizia di Charlotte ha freddato Keith Lamont Scott mentre era seduto in macchina. Mentre a Tulsa le gente è rimasta alquanto controllata, le tensioni sono aumentate a Charlotte. Finora una persona è stata uccisa e un poliziotto è stato mandato in ospedale con ferite imprecisate.
Mentre scrivo, i tumulti continuano. Posso sentire il rumore degli stivali della polizia
che cammina con passi pesanti, il suono sfocato degli slogan scanditi dai dimostranti arrabbiati, e le osservazioni concise dei giornalisti partecipativi che sono realmente l’unica fonte affidabile dell’azione dal vivo sul web o alla TV. Chi ha bisogno della CNN quando ho gli amici su Facebook che stanno trasmettendo in streaming senza i commenti plastificati e la propaganda di destra?
Le persone di colore hanno continuato a fare sollevazioni da oltre un secolo in questo paese, e, purtroppo, mentre molte cose sono cambiate (soltanto grazie al lavoro di attivisti coraggiosi), molto resta come prima.
Dalle rivolte di Harlem nel 1964, dove la polizia aveva sparato e ucciso James Powell, a quelle di Miami del 1981 che sono state conseguenza del fatto che la polizia aveva ucciso Arthur McDuffie, un ex marine nero di 29 anni, poi commerciante, dopo un inseguimento ad alta velocità, la gente ha continuato a opporsi per molti decenni alla violenza della polizia.
E, naturalmente, non e è soltanto negli Stati Uniti che si sono sollevate le persone di colore in conseguenza di uccisioni per mano della polizia, e di disuguaglianza economica, ma anche a Londra (1958), in Sud Africa (1976), a Liverpool (1981), Brixton (1985), Sydney (2004), Parigi (2005). Fin dal 2008, le più grosse rivolte negli Stati Uniti si sono svolte a Ferguson (2014) e a Baltimora (2015).
I bianchi si stanno svegliando?
Oggi, grazie ai media sociale e a Internet, la gente di tutto il mondo riceve reportage in tempo reale, video e informazioni sulle sparatorie della polizia negli Stati Uniti. Di conseguenza, l’America bianca è stata costretta a occuparsi del fatto che le persone di colore in America in pratica vivono in uno Stato di apartheid, sia dal punto di vista razziale che da quello economico. La vita dei neri è minacciata dalla seconda più fidata istituzione della società americana: la polizia (le forze armate sono la numero uno).
Le prime rivolte che mi ricordo sono quelle avvenute a Los Angeles nel 1992. In effetti, a quel tempo, avevo poca conoscenza (ero alla scuola elementare) del motivo per cui accadessero. Mio padre lavorava a tempo pieno, e a mia madre non si curava dei notiziari, e così nessuno mi spiegava perché le persone di colore sarebbero state così sconvolte se incendiavano degli edifici e sfasciavano le automobili della polizia.
Senza dubbio, ero un ragazzino bianco normalmente ignorante e ingenuo che non si preoccupava mai di poter essere picchiato, messo in prigione o ucciso a causa del colore della sua pelle.
Quasi 25 anni dopo, cerco di rimettermi in quell’atteggiamento mentale quando parlo con qualcuno della mia famiglia bianca e con amici che non riescono ancora a capire il fatto che il problema non sono “poche mele marce”, ma tutto l’intero stato di polizia carcerario-industriale (sempre più militarizzato). E’ un compito difficile, ma necessario, se speriamo di costruire movimenti interrazziali.
Ci potrebbero volere parecchi anni prima che emergano i dati appropriati, o forse li scopriremo perché fioriranno nuovi movimenti sociali e coalizioni, ma ritengo che un numero sempre maggiore di americani, specialmente di giovani americani che passano il loro tempo su Internet, diventeranno sempre più critici nei confronti della polizia, di che cosa fa, e di chi serve. In qualche modo, lo vediamo già adesso.
Costruire movimenti più efficaci
Le élite, i media, molti bianchi e la polizia sperano che i movimenti esistenti spariscano, ma non succederà, semmai i problemi di sorveglianza, di razzismo sistematico, di disuguaglianza economica sistematica e di corruzione politica diventeranno soltanto sempre più evidenti dato che le istituzioni esistenti diventano sempre più militarizzate e violente.
Nel frattempo, i movimenti progressisti/di sinistra, stanno perdendo su molti fronti. Certo, è vero che le persone (prima di tutto i giovani attivisti di colore) stanno reagendo, ma ottengono risultati limitati. L’anno scorso nessun poliziotto è stato accusato di omicidio colposo o di assassinio. Quest’anno le uccisioni per mano della polizia stanno per superare le raccapriccianti cifre dell’anno scorso (1.146 persone uccise). In altre parole, qualunque cosa facciamo come movimento o come serie di movimenti, non funziona.
Ora sto semplicemente scrivendo ciò che molti attivisti sanno ma che sono restii a esprimere: cioè il fatto che le cose stanno peggiorando in campo economico, ecologico, politico, militare, ecc.
Continuiamo, tuttavia, a opporci usando le stesse strategie e tattiche, o senza di queste. Inoltre, i nostri movimenti mancano di una visione. Che cosa vogliamo, esattamente? Certo, vogliamo meno sparatorie, più obbligo di rispondere dei reati, meno prigioni e più lavoro, ma come possiamo ottenere queste cose? E sono sufficienti le proteste, le sommosse, la disobbedienza civile e il giornalismo partecipativo per fermare una delle forze di polizia più brutali e militarizzate del mondo?
Agli attivisti interessa riformare la polizia e/o sostituire la polizia? Non penso che le due cose si eliminino a vicenda, proprio come non considero che la riforma e la rivoluzione su una scala più ampia siano strade che si escludono a vicenda. Abbiamo bisogno di tutto quello detto in precedenza. Ci serve tutto e ci serve subito, perché la situazione è critica.
Fin dall’assassinio di Eric Garner, i dimostranti neri hanno scandito: “Non posso respirare”! (Sono le ultime parole pronunciate da Garner prima di morire che sono diventate uno slogan, n.d.t.). Gli americani dovrebbero ascoltarli.
Una delle lezioni più importanti che ho appreso da quando partecipo agli eventi di BLM (Black Lives Matter) , è che la gente di colore sta vivendo in un costante “Stato di Emergenza.” Sopportano quotidianamente omicidi autorizzati dallo stato e il problema sta peggiorando, non migliorando.
In conclusione, dovremmo sempre appoggiare gli attivisti che scendono nelle strade a protestare. Riceveranno sufficienti critiche dalla stampa tradizionale e dai bianchi reazionari – non servono loro quelle dei progressisti e della sinistra.
Fino a quando le vite dei neri saranno importanti, le sommosse continueranno, come è giusto che sia.

Nessun commento:

Posta un commento