sabato 31 maggio 2014

L'AMMISSIONE DI MONTI

Proprio oggi Mario Monti ha ammesso candidamente che il governo Renzi sta portando avanti la sua linea politica. 
Mario Monti: “Matteo Renzi sta riaffermando la linea politica del mio governo. Non è di sinistra né di destra”
Che il governo di Letta prima e di Renzi poi, fossero la “continuazione” del governo Monti, non avevamo alcun dubbio; la linea politica infatti è la stessa su tutte le questioni principali, dall’accettazione totale e incondizionata dei diktat europei (o meglio, dei poteri forti che gestiscono l‘UE) alla politica estera, dove vengono sostenute convintamente tutte le posizioni di Barack Obama e soci, le missioni militari all’estero,etc.
Renzi è la ”fase due‘ del progetto iniziato con la destituzione di Berlusconi, che attenzione, non è una ”vittima” come qualcuno vuole farci credere, ovvero non è stato certo rimosso perchè voleva fare gli interessi italiani, ne perche nemico della massoneria internazionale bilderberghina.
Un’altra conferma, per chi ne avesse bisogno, sta nel fatto che Forza Italia in Europa aderira’ al gruppo europeista del PPE, e certamente Berlusconi sa bene come stanno le cose (le cause della crisi, lo strapotere di UE, etc.) ma e’ accerchiato dalle procure, e se non vuole finire male, non deve disturbare i ”manovratori”.
Nessun governo avrebbe potuto assumere le decisioni impopolari di Mario Monti, che in un periodo di poco superiore ad un anno, ha smantellato lo stato sociale, calpestando la Costituzione ed il buon senso. Se Berlusconi avesse reso disponibili solo a pagamento i farmaci salvivita abbandonando al loro destino i malati gravi, la villa di Arcore sarebbe stata probabilmente presa d’assalto.
Per fare le riforme distruttive di Monti, c‘era bisogno di qualcuno disposto a ‘metterci la faccia‘, e Monti era la persona ideale per i poteri forti. Non essendo un politico non temeva di perdere consensi; è sempre stato fedelissimo ai potentati, ovvero ha sempre coltivato i loro interessi, e per questo godeva della loro fiducia, garantiva che avrebbe fatto tutto quello che gli veniva ordinato.
Inoltre c’era bisogno di un governo di larghe intese, che fosse libero di agire in assenza di un’opposizione significativa, e anzi, PD/PDL/UDC hanno operato, insieme ai mass media, per far digerire il tutto agli italiani.
Il governo Berlusconi nell’estate del 2011 aveva recepito la famosa ”lettera della BCE”, Tremonti prima di lasciare varo’ una finanziaria (l’ennesima) da 50 miliardi, ma l’elite voleva, come abbiamo visto, molto, molto di piu’.
Il governo Monti in un anno ha varato numerosissimi provvedimenti, ha lavorato moltissimo, perche’ una fase come quella non poteva durare troppo, la pazienza dei cittadini ha un limite. In quel periodo Renzi se ne stava ben defilato a fare il sindaco di Firenze, e avallava l’azione politica distruttiva di Monti, non ha mai speso una parola contro quel governo, anzi ha piu’ volte sostenuto il professore bilderberghino. 
Renzi in quel periodo si faceva vedere in TV per pontificare e promettere, in assenza di contraddittorio e senza che nessun giornale/tv/politico, compresi quelli di centrodestra, lo criticassero.
Le primarie furono fatte vincere a Bersani volutamente, ovviamente mi riferisco ai ”grandi manovratori” del PD, e non alla base, ignara dei giochetti di potere. Le primarie le hanno fatte vincere a Bersani SAPENDO CHE SE AVESSE VINTO RENZI il PD avrebbe preso il 40%.
Per la prima volta il centrosinistra aveva un leader credibile, (credibile grazie alla propaganda, ma questo e’ un altro discorso ) capace di prendere anche i voti dell’elettorato berlusconiano, ma i ”colonnelli” del partito, ognuno dei quali orienta il voto di migliaia di militanti, hanno sostenuto Bersani.  Come mai il centrosinistra non ha schierato il suo esponente di spicco, coltivato per anni con i mass media? IL MOTIVO, EVIDENTEMENTE, E’ CHE NON VOLEVANO VINCERE, poiche’ se il PD avesse avuto una maggioranza sarebbero stati dolori, avrebbero dovuto governare da soli, ovvero ASSUMERSI LE PROPRIE RESPONSABILITA’ E METTERCI LA FACCIA, hanno preferito ritrovarsi in una situazione di ingovernabilita’ e sdoganare, dopo un accurato teatrino, un altro ”governo di larghe intese” con il centrodestra, una situazione sovrapponibile a quella del governo Monti. 
Oggi Forza Italia non sostiene il governo, ma certamente - e’ fin troppo evidente - non si sta opponendo (seriamente) ad esso. L’uscita di Alfano e la creazione del ”Nuovo Centrodestra” e’ una strategia decisa a tavolinoin quanto si sono resi conto che l’appoggio al governo Letta stava svuotando il serbatoio dei voti, e l’uscita di FI dalla maggioranza ha cercato di frenare questa emorragia, anche se come abbiamo visto alle recentissime europee, il centrodestra ha comunque pagato dazio in termini di voti, scendendo al minimo storico. 
Tornando a Renzi, egli e’ sostenuto e finanziato da banchieri e finanziari, ovvero dai medesimi potentati di cui e’ espressione Mario Monti. In questo scampolo di governo a parte pagare la ”tangente” da 80 euro all’elettorato classico del centrosinistra, (soldi pescati nelle tasche anche delle famiglie piu indigenti, visto che hanno eliminato le detrazioni per il coniuge a carico e rimodulato il calcolo del reddito ISEE) il governo Renzi non ha fatto niente di buono, galleggiando sulla propaganda e spianando la strada all’entrata in vigore del Fiscal compact, che secondo Renzi e’ cosa buona e giusta… inoltre la riforma del lavoro che intende presentare come ”soluzione di tutti i mali” rendera’ definitivamente precario il mercato del lavoro, con regole degne dei paesi dell’est…

giovedì 29 maggio 2014

DRAMMA A 5 STELLE

Il Movimento 5 Stelle è uscito oggettivamente ridimensionato dalla appena conclusasi tornata europea.Matteo Renzi ha ottenuto un risultato strabiliante, arrestando di fatto la marcia trionfale dei grillini. Come si spiega la debacle di Grillo? Perché, mentre in Europa spira fortissimo il vento anti-establishment, i cinque stelle arretrano? Della capacità di Renzi di ipnotizzare le masse abbiamo già detto.
Ora è il caso di individuare gli eventuali errori commessi dai pentastellati, di fatto spiazzati dall’improvviso e prepotente arrivo sulla scena di un personaggio come Renzi, bravissimo nel battere i grillini sul loro stesso terreno.
1)  Errori comunicativi. Per quanto fiaccata da una crisi lunga e snervante, l’Italia di oggi non vive una condizione di disperazione sociale paragonabile a quella della Germania di Weimar. Per cui, i toni allarmati, violenti, cupi, tetri e ridondanti, anziché ottenere l’effetto di rendere i cittadini informati e consapevoli, finiscono collateralmente con l’inquietare ulteriormente un elettorato nel complesso svampito, sempre pronto a barattare una dolorosa verità con una comoda e tranquillizzante bugia. Cosicché, consentendo all’ebetino di giocare tatticamente sulla dicotomia astratta rabbia/speranza, in pratica lo si invita a nozze. Rivolgo tale appunto tanto ai grillini quanto a me stesso, spesso sovrastato dal desiderio di denunciare le malefatte del potere ricorrendo ad immagini forti (“il neonazismo tecnocratico” per esempio), istintivamente avvertite come iperboliche (se non peggio…) dalla maggioranza dei lettori. D’altronde, poiché i massoni reazionari che governano la Ue stanno cinesizzando l’Europa per tappe, procedendo cioè nella direzione individuata con estrema lentezza e prudenza, non è semplice per nessuno scorgere fino in fondo i reali pericoli connaturati al proseguimento acritico di alcune scellerate linee di indirizzo politico. Così facendo, in conclusione, il rischio è quello di finire con l’essere percepiti dall’opinione pubblica alla stregua di un manipolo di esaltati che non meritano alcuna fiducia.
2)  Errori politici. Fino a quando gli avversari si chiamavano Berlusconi Bersani, vecchi arnesi della politica indigesti a gran parte dell’elettorato, i grillini avevano gioco facile nel proporre la palingenesi figlia del cambiamento antropologico, suggestione ricorrente e primitiva che spinge la moltitudine a credere che la sofferenza sociale sia causata, non tanto dall’adozione di politiche sbagliate, quanto dal carattere ontologicamente impuro della categoria umana che di volta in volta le dispensa. In questa ottica barbarica, perciò, non importa “cosa si  fa” ma “chi fa”.  Da qui il passo verso il settarismo è assicurato. Con l’arrivo di Renzi, però, il millenarismo grillino si è afflosciato come un cono gelato a mezzogiorno. Perché? Perché Renzi, leader giovane e senza un passato da farsi perdonare, può abbracciare con successo la retorica grilleggiante forte del suo piglio fintamente rivoluzionario e decisionista. Né funziona, in tal senso, il patetico tentativo di demonizzazione personale messo in atto contro l’ex sindaco ”finito nientemeno che nel mirino della  Corte dei Conti”. Ululati ridicoli. “I grillini parlano, io faccio”, affonda invece la lama nel burro il segretario del Pd, lesto nel trasformare in gol gli assist involontariamente fornitigli proprio dagli intontiti grillini.
Sotto il profilo comunicativo, consiglio a Grillo e Casaleggio di abbandonare la retorica da Armageddon che ha contraddistinto specie l’ultima parte della recente campagna elettorale. Usare un linguaggio meno truce non significa annacquare la portata della denuncia. Significa semmai costringere l’interlocutore a rispondere nel merito delle cose proposte, evitando di offrire al sistema il pretesto per buttarla in caciara. Denunciare l’imminente apocalisse la mattina e andare da Vespa la sera non è poi molto coerente. Non a caso il Movimento 5 Stelle prese più voti lo scorso anno evitando la televisione. Non ha senso denunciare le malefatte di un sistema giornalistico bollato come “colluso” e “corrotto”, per poi legittimarlo  partecipando come nulla fosse ai teatrini allestiti dai soliti talk show. O si cambia narrazione o, a narrazione invariata, non si va in tv e non si rilasciano interviste. Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello riguardante gli errori politici, mi limito per ora a sottolineare un aspetto che mi appare fondamentale. Dato per scontato che sul piano della demagogia più abietta (“casta”, “sprechi”, “corruzione” e  “debito pubblico” per capirci), i grillini con Renzi non la spuntano (Renzi come grillino è più credibile degli stessi grilli), al Movimento 5 Stelle per restare in vita non rimane che spostare la competizione su un piano politico più serio e alto. Certo, per tentare di imporre una linea politica bisogna prima assicurarsi di avercene una...

martedì 27 maggio 2014

BILANCIO DEL VOTO ITALIANO

Con il risultato delle elezioni per il Parlamento Europeo si è avuto in Europa l’effetto sperato o temuto da molti di una fortissima affermazione dei partiti e movimenti antieuro come è accaduto in Gran Bretagna con il 30% dei voti arrivati alla formazione di N. Farage, come successo in Francia con il 26% dei voti alla Marine Le Pen, un vero trionfo, divenuto il primo partito del paese transalpino e risultati simili anche in Austria con l’FPO di Heinz Christian Strache, in Danimarca, in Ungheria ed in Grecia.
Soltanto in Italia il risultato elettorale ha premiato il primo partito di maggioranza, il PD di Renzi, che, oltre ad essere partito di governo, è anche il primo partito filo europeista ed è quello che porta la responsabilità storica dell’ingresso dell’italia nell’euro nonché di aver sottoscritto ed aderito a tutti i trattati europei che hanno tolto ogni sovranità al paese consegnandolo ai voleri dell’oligarchia di Brucxelles e Francoforte, i trattati che hanno fatto versare centinaia di miliardi di denaro pubblico alle banche estere, con il pretesto di contribuire al così detto fondo di stabilità, salva banche (MES/ESM) ed hanno condannato, con le sciagurate politiche di austerità praticate dai governi Monti, Letta e Renzi, una generazione alla disoccupazione e precarietà e migliaia di famiglie alla scivolamento nella miseria.
Nonostante tutto questo, la massiccia campagna di marketing propiziata al candidato presentato come “nuovo” Matteo Renzi, con il furbo marchingegno di aver fatto sparire dalla scena i vecchi esponenti politici ormai impresentabili ed aver messo in prima fila tutte figure giovani e senza esperienza pregressa, hanno ottenuto il brillante risultato (mai toccato prima) del 40% dei consensi riuscendo sicuramente ad attrarre anche parte dell’elettorato deluso dal centro destra.
Il fronte della protesta dei 5 Stelle di Grillo e Casaleggio ha ottenuto risultati deludenti (il 20% circa) ed ha scontato il fatto di aver condotto una campagna molto urlata a forza di slogan ma senza chiari contenuti propositivi ma piuttosto con forme ambigue e contraddittorie: “usciamo dall’euro? Si, no, facciamo il referendum”, “vogliamo gli euro bond(?), rivedere i trattati, si forse, dove ci collochiamo in Europa? Non sappiamo, poi vedremo”. “Vinciamo noi”, diceva il movimento, ma noi chi? Si chiedevano in molti viste le tante anime presenti all’interno dei 5 S. Probabilmente è stato poi fatale per il movimento rivendicare i vecchi totem della sinistra come Berlinguer (l’autore del compromesso storico), aggregare personaggi discutibili come Dario Fo e Rodotà ed assimilare tutti i concetti della sinistra mondialista (immigrazione, ius soli, coppie gay, ecc..). D’altra parte qualsiasi dissidenza rispetto alla linea ufficiale è stata esclusa e le espulsioni e le estromissione dei dissidenti hanno fatto il resto con l’impedire che si formasse un vero dibattito interno sulla linea da seguire.
Chi ha avuto invece un discreto successo è stata la Lega di Salvini (6,5%) che ha condotto una campagna intelligente tutta protesa a richiedere l’uscita dall’euro, il ripudio dei trattati, il blocco dell’immigrazione di massa, la firma dei referendum contro la legge Fornero, la legge Merlin e gli altri. Salvini ha fatto la scelta giusta aggregandosi al fronte della marine Le Pen che si è dimostrato vincente in Europa e dichiarandosi di voler fare fronte comune nonostante le differenze fra i due movimenti. Salvato un partito che, per causa degli errori fatti e degli attacchi subiti, stava per scomparire.
Alla fine dei conti, facendo il bilancio di queste elezioni ,ci troviamo in Italia, unico paese in Europa, con una grande massa di gente che vorrebbe esprimere protesta e disagio e che ha trovato un canale “otturato” e senza sbocchi che si è dimostrato essere quello del movimento di Grillo e del Casaleggio che, nonostante gli entusiasmi suscitati e i tanti ragazzi dalla faccia pulita che si sono dedicati a fare campagna politica per il movimento, non ha ottenuto altro se non di far rafforzare il fronte governativo pro euro e pro eurocrazia.
A questo punto sorge però un dubbio, conoscendo le frequentazioni dell’ambiente finanziario del dr. Casaleggio e delle sue compartecipazioni nei club esclusivi dell’elite finanziaria come quello di Cernobbio: non sarà che sia stato proprio questo l’effetto voluto?
Lasciamo a chi legge il giudizio finale.

sabato 24 maggio 2014

SIAMO IN GUERRA MA NON CE NE ACCORGIAMO

Agli inizi del ’900, Joseph Schumpeter asseriva che banchieri e imprenditori da imponenti fatturati dovessero essere posti al timone della classe dirigente a suo tempo contemporanea, affinché la progettualità del loro operato, seppur esosa e non certo abbordabile per le frange meno abbienti, ovviasse a sanare qualsiasi genere di involuzione all’interno del sistema economico di un Paese, semmai contingenze estreme e poco placide si fossero presentate; John Keynes si conformava alla volontà di adottare impianti economici e fiscali efficienti ma che non fossero matrice di costi sociali sproporzionati e non gravassero pesantemente sulla quotidianità del popolo.
Le cronache attuali e del passato recente, esattamente ad un secolo di distanza dal concepimento di tali dottrine, ci insegnano che la storia abbia convalidato la tesi dell’austriaco, derubricando forse con esagerata superficialità quella del britannico, nonostante le circostanze guerrafondaie di rilievo siano state al massimo due: la base dell’apparato economico-finanziario dei giorni nostri è composta dalla condizione che, nel mercato produttivo e lavorativo, la longa manus della lobbies bancarie e d’azionariato riduca al lastrico le comunità e sia la preminente ragione di immobilismo concorrenziale e per rendere meno palese il suo ascendete si schermisce dietro la burocrazia istituzionalizzata e consequenzialmente dietro la politica di Palazzo. Solo pochissime ore ci separano dalle urne dirimenti il prossimo assetto del Parlamento Europeo ed è orami chiaro che un’ampia fetta dell’elettorato preferirà sottrarsi ai propri oneri costituzionali, piuttosto che esprimere una preferenza che non sia indice di rappresentanza e desumendo che astenersi sia la sola soluzione utile: mai valutazione fu più erronea e sbilenca.
Da un lato, non è propedeutico ipotizzare che un’opinione sia irrilevante o addirittura non determinante; dall’altro, per quelli che davvero avesse intenzione di voltare pagina contro un’Europa dell’alta tecnocrazia e della burocratizzazione al non plus ultra del suo legislativo ed esecutivo, è necessario che una sommossa degli animi smuova i più onirici e incentivi negligenti, esausti ed insoddisfatti da una politica continentale inetta e non attenta. Ne va del progresso della civiltà e dell’amore per la verità: che questa Unione così congegnata ci abbia fatto scudo da truculente ed efferate guerre sanguinarie e abbia eluso l’eventualità che si riproponessero, è vero soltanto in parte, dato che dalle trincee su larga scala siamo passati alle ostilità tra poveri, ove la garanzia di un lavoro stabile o al massimo flessibile ha lasciato spazio ad una disoccupazione senza precedenti e ad un precariato assurdo. Adesso la belligeranza è sottesa, sottaciuta, ma ugualmente devastante: la finalità è la stessa di sempre, ossia distruggere e conquistare, nella più pervicace delle logiche bismarckiane, stavolta senza missili, fucili ed arsenali vari, ma con austerity, rating, spread, swap e derivati similari. Gli ascari della finanza speculativa, usuraia e collusa coi loschi affari, quella che ha mostrato il tetro e profondo baratro alla Grecia, al Portogallo, all’Irlanda, ha impedito che venissero imbasti piani per la riappropriazione della sovranità monetaria e stritola l’identità nazionale per la macabra progettazione di un nuovo e dispotico ordine mondiale.
Alla luce di ciò, è fondamentale che ognuno rispetti il suo ruolo attivo, poiché è fin troppo evidente che stiano iniziando a spuntar fuori gli altarini: il fedifrago Berlusconi apostrofava i suoi detrattori con l’epiteto “sepolcri imbiancati” per ledere alla loro etica ed onestà intellettuale, mentre ora, in virtù di alcune rivelazioni su un plausibile complotto a lui avverso, è il caso di ritenere che quanto istituzionalmente sopportato per anni sia stato soltanto un simulacro del veridico, effettivo ed incisivo potere, il quale ha inglobato la sfera legislativa, esecutiva, giudiziaria, mass mediale e buona parte della società civile. Chi ad oggi dovesse rivendicare il proprio nazionalismo e ripudiasse la formazione degli Stati Uniti d’Europa, verrebbe evidentemente additato dai portaborse di turno e dagli esegeti della morale politica come eversivo, vacuo ed illogico, ma il suo voto avrebbe un peso specifico nettamente superiore rispetto alle preferenze espresse dai pigiabottoni dei vertici della partitocrazia e darebbe coscienza per sgominare i nefasti diktat di Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo e la stritolante imposizione fiscale dei vari Fiscal Compact (50 miliardi di tagli annui, che nei confini nostrani equivarranno da consuetudine a lesinare sulla salute, sulla ricerca e sull’istruzione), MES (80 miliardi di spending review, non certo per andare incontro all’insolvenza dell’economia portoghese e di quella irlandese, ma per enfatizzare gli affari azionari) ed austerità cantando, volte solo alla tutela finanziaria degli interessi delle banche commerciali e delle cosche giudaico-massoniche.

giovedì 22 maggio 2014

LE ULTIME CARTUCCE ELETTORALI

I partiti sparano le ultime cartucce della campagna elettorale per le europee per assicurarsi che il proprio messaggio arrivi anche ai dubbiosi, a tutti coloro che propendono tra l’astensionismo ed un voto di protesta. Niente di nuovo, siamo alle vecchie tecniche elettoralistiche che sostanzialmente sono quelle di falsificare la realtà e promettere sviluppi positivi, rilancio dell’economia, assistenza sociale per tutti, niente nuove tasse, in caso di vittoria della propria lista.
Quello che cambia rispetto alle altre campagne è che il partito filo governativo d’eccellenza, il PD, si sforza di presentarsi con facce nuove, giovani e accattivanti.  Nessuno che sia compromesso con la vecchia gestione. Il fenomeno politico dell’anno, se ci fosse un concorso a premi, bisognerebbe darlo al fiorentino, Matteo Renzi, senza alcun dubbio. Il soggetto si è dimostrato ben all’altezza di una colossale campagna di marketing che è stata per lui confezionata dai suoi consulenti. Ha girato tutte le principali piazze e si è presentato in una miriade di scuole, al nord come al sud, per dare la sensazione che la scuola sia il suo interesse prioritario, piuttosto che non l’omologazione delle normative del lavoro nel sistema italiano alle regole dettate dalle centrali di potere sovranazionale a cui Renzi fa riferimento.
I suoi discorsi sono conditi con la impellente necessità dichiarata di procedere con le riforme anche se dentro questa magica parola “riforme” sono contenuti tutti i programmi più deleteri per l’interesse nazionale e per i diritti dei cittadini: dal “Jobs Act” alle privatizzazioni, alla svendita del patrimonio pubblico, ammodernamento della pubblica amministrazione con tanto di licenziamento del personale in esubero, sotto l’occhio vigile dell’incaricato del FMI, dr. Cottarelli. Non è più possibile dire : c’è lo chiede l’Europa” visto che ormai questo refrain è divenuto impopolare. Questo viene piuttosto sostituito da Renzi con il “facciamolo per i nostri figli”che ha più presa sull’opinione pubblica. Se volesse dire la verità agli italiani, il fiorentino dovrebbe dire:  facciamolo per le banche, le grandi banche internazionali che hanno in cassaforte i nostri titoli pubblici, lucrano sugli interessi  e vogliono essere garantite contro qualsiasi strappo. Facciamolo per i mercati che ci guardano e, se deviamo dal nostro percorso, sono pronti a manovrare sullo spread e sul nostro rating per ridurci all’ordine. Facciamolo per la Germania che possa continuare a godere dei vantaggi del sistema euro sulle spalle dei paesi come l’Italia e gli altri paesi del sud Europa.
L’importante è presentarsi come “innovatori” anche se non sempre è comprensibile quale sia il livello di innovazione sostanziale rispetto allo schema già consolidato della subordinazione del governo ai potentati finanziari ed alle centrali di Bruxelles e Francoforte, esattamente quelli che ne hanno deciso la nomina. L’innovazione si può fare sempre che sia quella richiesta dai Van Rompuy e dai Barroso, con il piano finanziario che sia accettato dalla BCE e dalla Commissione Europea, senza intaccare le norme dei trattati vincolanti che sia quello di Lisbona, di Mastricht, il Fiscal Compact.
Renzi ha avuto ultimamente a suo favore una dichiarata e sperticata dichiarazione di fiducia dal patron di Repubblica/L’Espresso ( il vero partito politico determinante che detta la linea al PD)  Eugenio Scalfari, il fiduciario del finanziere De Benedetti, uno dei personaggi italiani più importanti della finanza internazionale. Lo stesso appoggio ha ricevuto da George Soros, altro esponente di punta del mondo finanziario della Elite di potere.
Questo può bastare a far sentire Renzi come politico che gode di appoggi determinanti  e che deve non deludere i suoi sponsor. Per adempiere al suo compito Renzi deve soltanto parlare dalle TV e sulle piazze, deve presentarsi come nuovo, giovane e moderno, american style, deve promettere riforme, rassicurare i dubbiosi ed illudere su una prossima ripresa (anche se non si vede), niente di più di quello che deve fare qualsiasi personaggio di facciata, attirare i consensi della massa dell’elettorato fedele da sempre al PD e possibilmente qualcuno in più anche fra i delusi del centro destra, al resto penseranno gli altri, a cominciare dal ministro Padoan, vero uomo di punta del governo in stretto collegamento con gli ambienti di Bruxelles e del FMI. Sarà lui a decidere, d’accordo con Oly Rehen e gli altri commissari europei, sulla prossima manovra finanziaria. Renzi deve solo tenere tranquillo l’elettorato del PD, attirare nuovi consensi e troveranno il modo di giustificare i nuovi tagli e le nuove tasse in base all’emergenza e ” per senso di responsabilità”, ci diranno di sicuro.
Renzi con il suo nuovo governo non ha avuto necessità neanche di scegliersi persone preparate e competenti, sarebbero state superflue, visto che le decisioni sono tutte prese all’esterno, ha privilegiato l’immagine, giovani belle ed accattivanti (Berlusconi ha fatto scuola). Infatti agli esteri ha messo una ragazza come la Mogherini, brava e  di bell’aspetto,  ma senza esperienza, salvo come ha dichiarato, “aver fatto l’erasmus” quando era studentessa. Tanto a cosa servirebbe l’esperienza quando il compito che gli hanno assegnato è quello di  leggere e ripetere diligentemente le veline che gli vengono passate dal Dipartimento di Stato di Washington (grande sponsor del fiorentino), come accaduto in occasione della crisi in Ucraina ove ha dichiarato che “i referendum della popolazione russofona sono illegittimi”. 
L’Italia non ha certo bisogno di un Lavrov (ministro degli esteri russo) per dirigere la politica estera, abbiamo il vantaggio che la nostra politica estera è già diretta in toto dagli USA, volete mettere la comodità?
L’altro argomento forte che ci viene scodellato ogni giorno in questa campagna per le europee è quello del nostro esimio Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale, per nulla scalfito dalle rivelazioni ormai confermate e riconfermate da personaggi esteri quanto al suo ruolo di garante nell’attuazione del golpe finanziario del 2011, ogni mattina si sveglia e lancia un monito sul rischio di “dare spazio ai populismi” e sulla necessità di ossequiare l’eurocrazia. Incredibile questo personaggio, soltanto noi abbiamo il privilegio di averlo come supremo garante (dell’oligarchia finanziaria). Sembra quasi di vivere una commedia del grande Eduardo De Filippo dove uno dei personaggi , l’anziano nonnetto seduto sulla sedia, quasi addormentato e coperto da scialle, si alza a scena aperta e lancia un proclama. “Nonno stai tranquillo” gli rispondono in famiglia, “la guerra è finita”.
Sarebbe da ridere se la situazione non fosse drammatica con un paese in ginocchio, come ci ricordano le statistiche, con le aziende manifatturiere che delocalizzano, le piccole imprese che chiudono a migliaia per l’impossibilità di lavorare con questo fisco e con questo euro, milioni di disoccupati e famiglie in miseria in fila alla Caritas per un pasto gratis, una situazione da dopoguerra che non  si era mai vista in tempo di pace.
La propaganda vuole far credere agli italiani che la crisi dipenda dal fatto che non si sono fatte le riforme e che abbiamo troppa evasione fiscale, naturalmente quella dell’idraulico, del pizzaiolo o del ristoratore.  Delle banche e delle grandi multinazionali che frodano tranquillamente il fisco, si evita di parlare, dei potentati finanziari che hanno imposto il debito creato dal sistema finanziario dell’usura, non è opportuno discutere. Dello Stato italiano che, privato di ogni sovranità, è costretto a prendere a prestito una moneta straniera e su questa pagar fior di interessi a favore delle grandi banche, non è consentito dibattere in TV. Meglio parlare delle grandi riforme promesse da Renzi. Anche la RAI e tutti i grandi mezzi di informazione continuano a martellarci, con spot (pagati con il canone) ed interventi di opinionisti a libro paga di Bruxelles, sulla necessità di rimanere in Europa  e  condividere gli “splendidi traguardi” che questa Europa ci permetterà di raggiungere in pochi anni, “lo abbiamo visto grazie ma risparmiateci la presa per i fondelli”, verrebbe da rispondere.
L’oligarchia europea è vigile e non permetterebbe ai cittadini italiani di deviare dal percorso  stabilito dagli eurocrati ; lo hanno detto chiaramente che ” le decisioni che contano le prendiamo noi, i popoli europei sono esclusi”. Se qualcuno aveva ancora dei dubbi, le ultime dichiarazioni di Van Rompuy li dissolvono totalmente. In realtà le elezioni europee serviranno a poco, lo abbiamo già detto e scritto, il Parlamento europeo non ha poteri sostanziali e tutto viene deciso da altri organi non elettivi come la Commissione Europea e il Consiglio d’Europa.Per cui tutta questa frenesia per queste elezioni europee a me non viene.

martedì 20 maggio 2014

ORA SVENDONO ANCHE ENI ED ENEL

La politica italiana prosegue nella più abbietta strada delle privatizzazioni selvagge senza calcolare le conseguenze nulle sull’economia e nefaste per la popolazione che tali manovre possono causare. In particolare dalla fine degli anni ’80 si è scelto di intraprendere la strada del capitalismo selvaggio, quella visione del mondo,in cui chi è più ricco arraffa anche a discapito degli individui più indigenti.
Renzi e il suo fido Pier Carlo Padoan intendono seguire le orme del passato volendo rientrare ad ogni costo negli assurdi parametri europei, secondo i quali il debito pubblico è visto come una sorta di “patata bollente” pronta ad esplodere. In realtà, ahinoi, di debito si vive purtroppo in un siffatto sistema: se anche l’ultimo dei cittadini è dotato di carta di credito per comprare un lusso che non potrebbe permettersi, figuriamoci lo Stato quanto debito sarà costretto a contrarre con le banche, le uniche vere responsabili di questa carneficina.
Così il nostro debito è lanciato ormai al 127% e sembra non fermarsi mai, eppure Padoan e Renzi vogliono interrompere questa corsa con una manovra che ha del ridicolo: la svendita del 10% di quote di Eni e Enel. Anche l’economista più inesperto saprebbe dire che una tale operazione è senza dubbio a perdere, perché il misero guadagno di 10 miliardi di euro a seguito della svendita non andrebbero a intaccare se non di qualche zero virgola l’indice del debito, cui però si devono aggiungere gli interessi. Insomma lo Stato avrebbe solo da perdere il guadagno su entrambe le aziende, oltre alla perdita di peso all’interno del consiglio di amministrazione.
Oltre all’evidenza di queste previsioni esistono infiniti esempi storici che smentiscono qualsiasi beneficio ricavabile da una svendita di settori strategici del pubblico per combattere il debito, perché dunque questa ostinazione?Chi lo capisce è bravo.

domenica 18 maggio 2014

I FATTI OSCURI DEL 2011

Prima Alan Friedman, col suo libro nel quale Prodi, De Benedetti e lo stesso Monti ammettono che nel 2011 c’erano state “consultazioni”, anche da parte di Napolitano, per far fuori Berlusconi, il premier in carica. Ora la conferma arriva da Timothy Geithner, uomo di Wall Street dirottato a Washington come ministro del Tesoro di Obama: la Casa Bianca, scrive oggi Geithner, nel 2011 ricevette pressioni da parte di alcuni paesi europei per far cadere Berlusconi. Il “golpe”, insomma, c’è stato. «Non sono sorpreso», commenta l’uomo di Arcore. «È la conferma di ciò che ho sempre sostenuto, che c’è stata una precisa volontà di togliere di mezzo un premier democraticamente eletto che difendeva gli interessi del suo paese e contrastava quelli della Germania». Ma la tecnocrazia europea targata Angela Merkel aveva qualcun altro nel mirino: Giulio Tremonti. Era lui l’uomo nero della Troika, il vero bersaglio dell’Ue, perché resisteva – in ogni modo possibile – ai diktat dell’austerity.
Quella che oggi sgancia Geithner è una bomba: «Funzionari dell’Ue chiesero a Obama di far dimettere Berlusconi». Per prima cosa bisogna contestualizzare. Geithner, ex ministro di Obama, nel 2014 scrive un libro dove racconta come a far cadere il governo Berlusconi non siano stati gli Usa, bensì la tecnocrazia europea dominata dai tedeschi. Motivo? «Perché l’Italia si era detta non favorevole a salvare la Grecia portando quote ulteriori di capitali rispetto a quelli che già versava al fondo della Comunità Economica Europea». Se Geithner dice questo, «vuol dire che ora come ora i rapporti tra Germania e Usa sono lacerati, pessimi.
Il vero obiettivo di Bruxelles era Tremonti, era lui l’uomo da far cadere. Tremonti ha continuato ad avvisare la Comunità Europea sull’arrivo imminente della crisi, invitando a perseguire politiche antideflazionistiche, che andavano però a contrastare le mire tedesche. Andava allontanato». L’Italia, o meglio Tremonti, vittima dunque di una vera e propria ritorsione? «Sì, ma anche della sua stessa debolezza politica». Il fatto resta senza precedenti: nella “democratica” Europa «non era mai accaduto che un governo eletto fosse destituito così. Quell’esecutivo era sì traballante, ma non ancora sfiduciato dal Parlamento.
E la calamità dello spread? «Non ha alcun senso. Lo spread, come dimostrano i fatti di oggi, era un’invenzione: era tenuto volontariamente alto per creare una psicosi. Lo spread adesso è caduto  perché i mercati dei paesi emergenti, che prima tiravano, stanno manifestando i primi sentori di una crisi». Alla vigilia del voto del 25 maggio, che conseguenze può avere una rivelazione di questa portata che svela queste trame? Geopolitica: gli americani oggi impegnati in Ucraina nel braccio di ferro contro Putin sanno benissimo che il libro di Geithner avrà un’enorme eco mediatica, quindi «hanno tutto l’interesse a destabilizzare la Merkel e i governi che la sostengono». Alla luce del retroscena emerso dall'ex ministro di Obama, il ruolo di Napolitano in quei convulsi mesi estivi e autunnali cambia o rimane invariato? «Dico solo una cosa: riflettiamo sul viaggio della regina Elisabetta in Italia: chi è venuta a trovare la regina? il Papa e Napolitano. Ecco».

venerdì 16 maggio 2014

IL GOLPE DEL NOVEMBRE 2011

Contro il governo di Mister B. fu ordita una trama internazionale per costringerlo al dimissionamento. Fu vero golpe? Sì e no, diciamo qualcosa di meno ma anche qualcosa di più.
Fu qualcosa di meno perché B. venne minacciato direttamente e dopo aver avuto rassicurazioni “patrimoniali” e forse anche giudiziarie, si accomiatò di sua propria sponte, filando come un puledrino spaventato; fuga comprensibile per un quadrupede ma non per un uomo delle istituzioni in posizione eretta.
Del resto, era stato lo stesso Obama, avvicinato dal Cavaliere al G8 di Deauville in Francia, in maggio, a garantirgli, fuori protocollo, un salvacondotto: se caschi, caschi in piedi, disse il Capo della Casa Bianca al nostro Premier. Quindi, gli americani sapevano sin dall’inizio e, contrariamente a quello che dice Geithner, non si preoccuparono di non bagnarsi le mani di sangue insieme ai vertici Ue. Tutt’altro, costoro avevano in mente un tornaconto maggiore di quello che potesse venirne ai vari Merkel e Sarkozy. Gli Usa sono abituati a dirigere i giochi e non a farseli imporre da una banda di grigi burocrati del vecchio continente intenti a studiare misere macchinazioni da commercialisti.
 B., dunque, ormai sapeva di essere accerchiato e di non poter contare nemmeno su suoi che erano stati associati al vile disegno, pronti a sferrargli una pugnalata alla schiena. Aver allevato nel suo grembo, nonché portato alla ribalta della politica e persino salvato dall’oblio dell’elettorato gente come Frattini, Alfano, Cicchitto, Schifani, Fini ecc. ecc., serpi in seno da morso improvviso, è stata una dimostrazione aggiuntiva della sua incapacità di saper leggere negli occhi della gente e di essere in grado di individuare le persone migliori per la gestione del Paese. Già questo è un tremendo delitto per un leader politico.
Insomma, B. se la diede a gambe tradendo gli elettori e abbandonando gli italiani al loro truce destino con una pavidità senza eguali. Un vero statista non si sarebbe mai piegato a tanta umiliazione solo per salvarsi il culo.
Il complotto fu però anche qualcosa di più di quanto detto perché tutta la classe dirigente italiana, da destra a sinistra, eterodiretta dall’ “ermo colle”, primo garante degli interessi statunitensi, venne coinvolta nell’infido piano senza che alcuno osasse non dico ribellarsi ma anche fiatare, al fine di denunciare siffatta violazione della nostra sovranità. Le conseguenze della diserzione generale le avremmo viste in seguito. Larghe intese a cui partecipò l’intero “arco costituzionale”, manovre lacrime e sangue sottoscritte da ogni partito, furti legalizzati dalle tasche dei connazionali, svendita dei beni nazionali e perdita di credibilità dello Stato ad ogni livello, eventi che portano la firma della maggioranza del Parlamento.
Il golpe è stato tale ma non a danno di B. bensì del popolo italiano.
Il percorso iniziato con Monti e proseguito con Letta è arrivato al clou con Renzi, al quale è stato affidato il compito di smobilitare e mettere sul mercato gli assets strategici di Stato. Dopo aver scippato i contribuenti con l’azione dell’orda tecnocratica si punta a svuotare l’industria pubblica per sottomettere definitivamente Roma a Washington, Berlino e Parigi.
Una faccia da bravo ragazzo sta facendo il palo mentre i ladri ci stanno ripulendo la casa.

mercoledì 14 maggio 2014

MAI PIU' UN LAVORO DIGNITOSO

I giovani sono serviti: non avranno mai più un lavoro decente, sicuro, dignitoso. La soddisfazione con cui i partiti hanno salutato l’ultima versione del decreto su contratti a termine e apprendistato è «la miglior certificazione non solo degli ulteriori e quasi incredibili peggioramenti di una legge già pessima, ma della vera e propria bancarotta – non c’è altra parola – della rappresentanza parlamentare del Partito Democratico». I parlamentari del Pd «si sono lasciati soggiogare da alcuni notissimi nemici storici dei lavoratori e dei sindacati», a cominciare dall’ex ministro Maurizio Sacconi, accettando un testo normativo «che mai i governi Berlusconi sarebbero riusciti ad ottenere a scapito dei lavoratori, e di cui invece il “democratico” Renzi e il “comunista” Poletti vanno invece addirittura fieri». Sono loro, i portabandiera della sinistra ufficiale, a seppellire lo Statuto dei Lavoratori su cui si sono basati decenni di sviluppo sociale nell’Italia del benessere.
Col decreto Poletti, i contratti a termine diventano “acausali”: possono essere conclusi senza una motivazione specifica. Unico obiettivo: «Tenere il lavoratore sotto il perpetuo ricatto del mancato rinnovo», senza più neppure sperare in una conferma a tempo indeterminato dopo 36 mesi, perché per questo occorrerebbe un ulteriore contratto: perché mai concederlo, visto che sarebbe più conveniente assumere un nuovo precario? Certo, ricorrere al turn-over dei precari non favorisce certo la competitività dell’azienda sul piano della qualità: ma è appunto questa, come denunciano molti osservatori, la tendenza a cui l’impresa italiana si è andata rassegnando. Meglio produzioni di bassa qualità, ovviamente a basso costo, per tentare di competere sul mercato mondiale globalizzato. Problemi che non esisterebbero se invece si puntasse sul mercato interno dei consumi, sulle filiere corte.
Soffermiamoci sull’ipocrisia del Pd, che ha «trangugiato con la massima indifferenza la “acausalità” e fissato, in cambio, un falso obiettivo, onde poter poi vantare falsi successi». Il falso obiettivo: «Ridurre le possibili proroghe di un contratto “acausale” da 8 a 5», il che però «non sposta di un millimetro il problema del potere ricattatorio consegnato al datore». Anche perché, «una cosa è la proroga di un contratto, altra cosa è il suo rinnovo, ossia la stipula di un altro successivo contratto del tutto analogo». In altre parole, «dopo avere prorogato per cinque volte un contratto acausale a termine, niente impedisce di stipulare un altro contratto simile con le sue cinque proroghe, e così via». Eppure il Pd ha avuto il coraggio di vantare questo inganno, o autoinganno, come un successo politico».
Altro fronte di degradazione definitiva del mercato del lavoro, l’argine del “contingentamento” dei precari, in percentuale ai lavoratori a tempo indeterminato. Nella sua versione originaria, il decreto Poletti prevedeva una percentuale massima del 20% di contratti a termine per azienda, ma ora il limite è stato aggirato. Restava un ultimo punto: l’obbligo di trasformare in lavoratori stabili i dipendenti a termine, una volta superata la soglia del 20%. «Ebbene, anche su questo i parlamentari del Pd sono stati pronti al grosso passo indietro, a genuflettersi ai Poletti, ai Sacconi, agli Ichino ed ad accettare che il testo normativo preveda, invece della trasformazione, una semplice sanzione amministrativa per lo “sforamento”». E' come se si concedesse a chi dà lavoro in nero di non essere più obbligato a mettere in regola il lavoratore. «Si tratta di un assurdo giuridico, oltre che di una vergogna politica, che l’ineffabile capo dei deputati Pd ed ex ministro del lavoro Cesare Damiano ha avuto il coraggio di definire come “differenza minimale” rispetto al testo originario».
Ora, dopo lo scontato voto di fiducia «che consentirà di consumare definitivamente questo vero crimine sociale», la parola dovrà passare «a quanti, nei movimenti e nella società civile, hanno davvero a cuore i diritti dei lavoratori, cercando di rivendicarli anche nelle aule di giustizia italiane ed europee». Sempre che parola “giustizia”, naturalmente, ridiventi coniugabile – in un futuro indefinito – con la parola “Europa”, cioè con la tecnocrazia neoliberista del Fiscal Compact del Trattato Transatlantico che mira esattamente a ridurre a zero le protezioni dello Stato verso i lavoratori, con l’unico obiettivo di far aumentare in modo esplosivo i profitti dei vertici industriali e finanziari, a scapito di milioni di nuovi schiavi sottopagati e precari. Operazione a cui, in questi anni – a tappe forzate (trattati europei) – i partiti italiani hanno dato un contributo determinante. Buon ultimo Matteo Renzi: sta servendo ai poteri forti, su un piatto d’argento, le atroci “riforme strutturali” invocate da Mario Monti e Elsa Fornero.

domenica 11 maggio 2014

RENZI GARANTE DEI POTERI FORTI

Improvvisamente sembra tutto chiaro. E’ più che un sospetto, e la mente corre al passato: i grandi gestori internazionali non hanno mai dimenticato, con riconoscenza, Romano Prodi, il leader della sinistra moderata che permise lo smantellamento dell’Iri e portò a buon fine le ambitissime privatizzazioni. «Si sa, in Italia certe cose può farle solo la sinistra». Privatizzazioni, ricorda Marcello Foa, che però «si risolsero in un eccellente affare per chi compra e in una fregatura per chi vende o nella sostituzione di monopoli pubblici con monopoli privati». Cose che capitano, ma fanno riflettere. E sorgere qualche dubbio: «Renzi è di sinistra, come Prodi. Come lui è graditissimo a Wall Street, ai grandi fondi come Blackrock, nella City. Ed è più deciso di Enrico Letta che a sua volta godeva di buone credenziali in quegli ambienti ma era troppo lento e prudente: nessuno, nel momento del bisogno, lo ha difeso. Vuoi vedere che la vera missione del mirabolante Matteo Renzi è quella di portare a termine le privatizzazioni, ovvero di svendere quel che resta di buono in Italia?».
L’allarme, per Foa, è scattato poco dopo la nomina di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Fonte dell’avvertimento, un amico che lavora nella finanza: «E’ già la terza volta che una grande banca d’affari parla bene della Borsa di Milano e invita a investire nei titoli italiani. Stesso approccio, stesse argomentazioni: non so cosa stia succedendo». Foa controlla sui grandi giornali e sui principali siti web, ma non trova nulla, a parte qualche trafiletto sul “Sole 24 Ore”. «Poi, tra fine marzo e i primi di aprile, l’informazione riservata a pochi privilegiati del mondo bancario, diventa pubblica». I quotidiani iniziano a battere sullo stesso tasto. Inizia “Repubblica” il 26 marzo, che avverte: «I fondi pronti a comprare, ma è una fiducia a tempo: riformare spesa e burocrazia». E spiega: «Erano anni che l’Italia non raccoglieva un interesse simile sui mercati».
Così, si scopre che pochi giorni prima si è svolto un summit alla Royal Bank of Scotland, nel cuore della City di Londra, tra investitori di primissimo piano: qualcosa come 300 fondi finanziari, che – in aggregato – rappresentano «istituzioni che controllano ogni giorno molte migliaia di miliardi di dollari sui mercati globali». Tra questi, colossi americani come Blackrock, Fidelity, Blackstone, hedge fund di punta come quello di George Soros o Glg, fondi pensione, banche, più l’antica aristrocrazia europea del risparmio gestito con Schroders. «Il 70% degli investitori raccolti ha sì detto che nei prossimi tre mesi “comprerà attivi italiani”». A ruota, il “Corriere della Sera” titola in prima pagina: “Capitali esteri a caccia d’Italia”. Fabrizio Massaro spiega che fondi Usa, arabi e cinesi puntano su Borsa e made in Italy. Nel mirinobanche, industria manifatturiera, moda e turismo. E ancora: «Così Goldman Sachs vende il nuovo corso politico. Garzarelli, capoeconomista del colosso Usa: prezzi bassi e nuova stabilità. Rispetto alla Spagna avete fondamentali piùsolidi. Renzi? Per i mercati è un leader fuori dagli schemi». Anche il “Sole 24 Ore” abbandona il riserbo e titola: “Piazza affari fa il pieno di capitali esteri”.
Nell’ultimo mese il tono non è cambiato, aggiunge Foa nel suo blog sul “Giornale”. «La grande finanza internazionale continua a credere all’Italia. E si scoprono altri dettagli interessanti». Ad esempio, che Matteo Renzi ha incontrato il Ceo di Blackrock, Larry Fink, il più grande fondo di investimento al mondo: «Un colosso da 4.300 miliardi di dollari che, se fosse uno Stato, sarebbe la quarta potenza almondo dopo Usa, Cina e Giappone». Evento salutato da tutti. «Commenti positivi», informa “Radiocor”, mentre la “Repubblica” si entusiasma: «Il più grande fondo del mondo da Renzi, Blackrock crede nella ripresa italiana». Pian piano, continua Foa, il puzzle si compone. «In Italia, lo sappiamo benissimo, la situazione non è certo migliorata rispetto a qualche mese fa. Anzi, a giudicare dai disastrosi dati sulla disoccupazione e dalle cifre record del debito pubblico è persino peggiorata». Ma quei “mercati” – gli stessi che nel 2011 avevano gettato discredito sull’Italia usando arbitrariamente lo strumento dello spread, nonostante il nostro paese fosse uscito meglio di altri dalla crisi dei subprime – ora ignorano le cattive notizie. «L’Italia è diventata, brava, buona, promettente. Da premiare con la “fiducia”».
«Non sono un economista – premette Foa – ma ho seguito da vicino tante crisi finanziarie: e questa, proprio, non me la bevo». Infatti, ad attrarre l’interesse dei grandi fondi, delle banche d’affari e delle multinazionali «non sono solo i valori relativamente bassi (ma neanche troppo) di Piazza Affari, c’è dell’altro». E questo “altro” sembra «strettamente connesso all’inaspettata e rapidissima ascesa a Palazzo Chigi di Matteo Renzi». Forse, una chiave la fornisce il “Corriere della Sera”, nell’articolo di Massaro sulla “caccia ai capitali esteri”. «L’acquisto di azioni a Piazza Affari – scrive – potrebbe essere solo un assaggio in vista di quella che si annuncia come la più grande operazione di privatizzazione degli ultimi anni». Parola del neoministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, super-falco neoliberista proveniente dall’Ocse e dalla casta tecnocratica al servizio dell’élite mondiale. E’ proprio Padoan, a Cernobbio, a svelare le carte: avanti tutta con le privatizzazioni, quelle che piacciono tanto ai “mercati”, così pieni di “fiducia” per l’Italia di Renzi.
«L’attenzione del mercato è crescente e va sfruttata nel migliore dei modi», dichiara Padoan al “Corriere”. L’obiettivo della nuova ondata di privatizzazioni che si profila? E’ duplice: «Accrescere l’efficienza delle imprese privatizzate e ovviamente ridurre in modo consistente il debito pubblico». Il primo banco di prova potrebbero essere le Poste: «È stato avviato il processo di privatizzazione, è una sfida importante per il paese e verrà sottoposta al vaglio del mercato». Gran parte della fortuna politica del governo, scrive il “Corriere”, si gioca sul successo delle vendite di Stato: l’incasso per il Tesoro potrebbe arrivare a oltre 15 miliardi da Poste (il cui 40% da solo vale 4-5 miliardi), Fincantieri, Enac, Cdp Reti, Sace, Grandi Stazioni, St Microelectronics. «Per i fondi si tratta di comprare a prezzi favorevoli, per le banche d’affari di guadagnare sugli incarichi di vendita». Tutto questo, grazie a Matteo il rottamatore, il nuovo eroe dei “mercati” ammazza-paes

giovedì 8 maggio 2014

AMERICA: LA PIU' GRANDE DEMOCRAZIA AL MONDO..MA SARA' VERO??

Dieci cose scioccanti che si devono sapere sugli Stati Uniti.
1. Gli Stati Uniti hanno la maggiore popolazione carceraria del mondo, rappresentando meno del 5% dell’umanità e più del 25% dell’umanità prigioniera. Su 100 americani uno è prigioniero. Con una crescita vertiginosa dagli anni 80, il surreale tasso delle carcerazioni negli USA è un affare e uno strumento di controllo sociale: nella misura in cui l’affare delle prigioni si espande, una nuova categoria di milionari consolida il suo potere politico. I regali di queste carceri sono anche i regali degli schiavi che lavorano in fabbriche all’interno delle prigioni per salari inferiori ai 50 centesimi all’ora. Una manodopera così competitiva che molti municipi oggi sopravvivono finanziariamente con le loro prigioni e grazie a leggi che comminano sentenze fino a 15 anni di prigione per crimini come rubare gomme. Gli obiettivi di tali leggi sono sempre i più poveri, ma soprattutto i neri, che pur rappresentando solo il 13% della popolazione americana, costituiscono il 40% della popolazione carceraria del paese.
2. Il 22% dei bambini americani vive sotto il limite della povertà. Si calcola che circa 16 milioni di bambini americani vivano senza “sicurezza alimentare”, famiglie senza la capacità economica di soddisfare i requisiti nutrizionali minimi di una dieta salutare. Le statistiche provano che questi bambini hanno i peggiori risultati scolastici, accettano i peggiori impieghi, non frequentano l’università e hanno la maggiore probabilità di essere prigionieri, quando diventeranno adulti.
3. Tra il 1890 e il 2014 gli USA hanno invaso e bombardato 150 paesi.
Sono più i paesi del mondo in cui gli USA sono intervenuti militarmente di quelli in cui ancora non l’hanno fatto. Numerosi storici calcolano in più di otto milioni le morti causate dalle guerre imperiali degli USA solo nel secolo XX. E dietro questa lista si nascondono centinaia di altre operazioni segrete, colpi di stato e protezioni a dittatori e gruppi terroristi. Secondo Obama, insignito del Nobel della Pace, gli USA conducono in questo momento più di 70 operazioni segrete in diversi paesi del mondo. Lo stesso presidente ha creato il maggiore bilancio militare di qualsiasi paese del mondo dalla Seconda Guerra Mondiale, distanziando George Bush.
4. Gli USA sono l’unico paese dell’OCSE senza diritto a qualsiasi tipo di sussidio alla maternità.
Sebbene i numeri varino a seconda dello Stato e dipendano dai contratti redatti dall’impresa, è pratica corrente che le donne americane non abbiano diritto a nessun giorno pagato né prima né dopo aver dato alla luce. In molti casi, non esiste alcuna possibilità di essere pagate. Quasi tutti i paesi del mondo prevedono tra le 12 e le 50 settimane pagate di licenza di maternità. Gli Stati Uniti fanno compagnia a Papua Nuova Guinea e allo Swaziland con zero settimane.
5. 125 americani muoiono ogni giorno per non non poter pagare l’accesso alla sanità.
Chi non possiede assicurazione sanitaria (e 50 milioni di americani non la possiedono) ha delle buone ragioni per temere di più l’ambulanza che un innocente attacco cardiaco. Con viaggi dell’ambulanza che costano in media 500 euro, la degenza in un ospedale pubblico più di 200 euro a notte e la maggior parte delle operazioni chirurgiche che ne costano decine di migliaia, è bene che ci si possa permettere un’assicurazione sanitaria privata.
6. Gli USA sono stati fondati sul genocidio di 10 milioni di nativi. Solo tra il 1940 e il 1980, il 40% di tutte le donne nelle riserve indiane sono state sterilizzate contro la loro volontà dal governo.
Si dimentichi la storia del Giorno del Ringraziamento, con indiani e coloni a dividere pacificamente un tacchino. La storia degli Stati Uniti inizia nel programma di sradicamento degli indiani: per due secoli, i nativi sono stati perseguitati e assassinati, spogliati di tutto e rinchiusi in minuscole riserve di terre infertili, in discariche di rifiuti nucleari e e su terreni contaminati. In pieno secolo XX, gli USA hanno messo in marcia un piano di sterilizzazione forzata delle donne native, chiedendo loro di firmare formulari scritti in una lingua che non comprendevano, minacciandole del taglio dei sussidi o, semplicemente, impedendo loro l’accesso ai servizi sanitari.
7. Ogni immigrato è obbligato a giurare di non essere comunista per poter vivere negli USA.
Oltre a dover giurare che non è un agente segreto né un criminale di guerra nazista, se difende intellettualmente qualche organizzazione considerata “terrorista”. Se risponderà si a una qualsiasi di queste domande, gli potrebbe essere negato il diritto di vivere e lavorare negli USA per aver dato “prova di debolezza di carattere morale”.
8. Il prezzo medio di una laurea in un’università pubblica è 80.000 dollari.
L’Insegnamento Superiore è un’autentica miniera d’oro per i banchieri. Praticamente tutti gli studenti hanno debiti astronomici, maggiorati di interessi, che richiedono in media 15 anni per essere saldati. In questo periodo, gli alunni diventano schiavi delle banche e dei debiti, essendo spesso costretti a contrarre nuovi prestiti per pagare quelli vecchi. Tra il 1999 e il 2014, il debito totale degli studenti Usa ha raggiunto 1,5 trilioni di dollari, con un aumento vertiginoso del 500%.
9. Gli USA sono il paese del mondo con più armi: su 10 americani, si contano nove armi da fuoco. Non stupisce il fatto che gli Stati Uniti occupino il primo posto nella lista dei paesi con il più grande numero di armi. Ciò che sorprende è il paragone con il resto del mondo: nel resto del pianeta c’è un arma ogni 10 persone. Negli Stati Uniti, nove ogni 10. Negli USA si trova il 5% di tutta l’umanità e il 30% di tutte le armi, qualcosa come 275 milioni.
10. Sono più gli americani che credono nel Diavolo di quelli che credono in Darwin. La maggioranza degli americani è scettica, almeno per quanto riguarda la teoria dell’evoluzione, a cui crede solo il 40% della popolazione. Mentre l’esistenza di Satana e dell’inferno risulta perfettamente plausibile per oltre il 60% degli americani. Questo radicalismo religioso spiega le “conversazioni quotidiane” di Bush con Dio e anche le diatribe infinite sulla natura teologica della fede di Obama.

martedì 6 maggio 2014

IL PROGETTO DELL'ELIMINAZIONE DEL DENARO CONTANTE

I vertici del Sistema finanziario europeo puntano, ormai da oltre un decennio, ad un obiettivo finale, da ottenersi attraverso piccoli passi successivi: l’eliminazione completa del denaro fisico e la sua sostituzione con denaro virtuale scambiato esclusivamente mediante l’utilizzo di carte di credito e bancomat. La possibilità di utilizzare denaro contante per effettuare transazioni commerciali costituisce elemento di libertà di ogni essere umano, oltre che motore di sviluppo alla crescita economica e al benessere collettivo.
Quotidianamente, avvengono milioni di transazioni mediante denaro contate, senza il quale, con ogni probabilità, parte di queste non avverrebbero mai, o avverrebbero in maniera sensibilmente ridotta.
L’utilizzo del denaro contante è semplice, è pratico, è efficace, è veloce e non è costoso.
Ridurre o eliminare del tutto l’utilizzo del denaro contante nelle pratiche commerciali, implicherebbe che chiunque ha uno stipendio dovrà riceverlo obbligatoriamente in banca e da lì verrà speso attraverso la moneta elettronica.

Di colpo, grazie ad un atto normativo, il cittadino verrebbe privato oltre che di questa forma di libertà (cioè quella di utilizzare il contante), anche dell’unica forma di dissenso a sua disposizione nei confronti del sistema bancario.
Le scuse mediante le quali si fa credere al popolino che un tale provvedimento sia utile oltre che necessario sono due: 1) l’ANTIRICICLAGGIO, ovvero rendere impossibili transazioni finalizzate ad ATTI TERRORISTICI, mediante la tracciabilità di ogni singola operazione fiscale e 2) la lotta all’EVASIONE FISCALE, per rimpinguare le casse dello Stato, affinché questo abbia abbastanza cash per estinguere i suoi debiti verso i banchieri (chiamasi: “debito pubblico”)
Solo un paio di brevi considerazioni:
Secondo voi verrebbero colpiti i VERI GRANDI EVASORI, ovvero miliardari, proprietari di conti off shore, e multinazionali (che sono i primi evasori del pianeta) oppure i piccoli commercianti, artigiani, meccanici, panettieri, ristoratori, fruttivendoli ecc. che, a un pelo dal fallimento, ancora sopravvivono allo strangolamento generale grazie alle poche centinaia o migliaia di euro che riescono a sottrarre alla sanguisuga del fisco?
Secondo le stime, attraverso l’eliminazione completa del denaro contante e la soppressione di tutte le transazioni “sommerse” lo Stato potrebbe rastrellare circa 150 miliardi di euro all’anno. Bene, vi immaginate che cosa accadrebbe sottraendo all’economia del Paese, cioè dalle tasche degli italiani, altri 150 miliardi, in tasse?
Non ci vuole molta fantasia: QUELLO CHE ABBIAMO VISTO FIN’ORA IN TERMINI DI CRISI SAREBBERO BAZZECCOLE: decine di migliaia di imprese morte e fallite, crollo dei consumi, pignoramenti, disoccupazione, miseria: ci stanno preparando la barbarie.

domenica 4 maggio 2014

LA TRUFFA EUROPEA

Se la maggioranza dei cittadini fosse a conoscenza del motto della massoneria “solve et coaugula” forse non ci troveremmo in questo stato da economia di guerra: perché i dati italiani sono quelli.
“Solve et coaugula” ha un significato terribile e inequivocabile: sciogli e ricomponi, ovvero sostituisci al vecchio un nuovo sistema per non cambiare nulla. Dunque c’è poco da stare allegri: la democrazia ormai superata si trasforma in post-democrazia pia illusione di libertà. Avremo sì la tivù tripiatta, i telefonini di ultimissima generazione, l’hi-tech, i social network, i suv, lustrini e pajettes, ma saremo schiavi come duecento o duemila anni fa.
Non ci credete? La Grecia è lì a testimoniarlo.
Perché chi detiene il potere non se lo fa sfuggire e la democrazia vera, reale, implica il coinvolgimento dei popoli nell’esercizio delle scelte. La Svizzera ne è un esempio lampante: gli elvetici partecipano attivamente al governo del loro paese attraverso i referendum, coi quali possono interagire e persino ribaltare le decisioni del governo centrale. E questo per i potenti Ue e Usa è una scocciatura inaccettabile.
Ecco perché vogliono a tutti i costi tornare al passato. Nei secoli scorsi i regnanti si appoggiavano a nobili, banchieri e grandi commercianti (e più di recente anche industriali) per governare indisturbati su moltitudini di salariati, braccianti e contadini pressoché alla fame e ne portavano via le giovani generazioni riempiendo schiere di eserciti spesso impegnati in campagne militari. 
Poi con la rivoluzione francese è sembrato aprirsi un periodo nuovo che però a parte i grandi principi, mai concretizzati appieno di libertà, uguaglianza, fraternità non ha portato risultati sperati. I potenti sono rimasti potenti, i poveri diavoli sono rimasti poveri diavoli.
Solo dopo la seconda guerra mondiale abbiamo assistito ad un sensibile miglioramento della condizione dei cittadini. Suffragio universale, diritto alla salute, diritti dei lavoratori e di impresa, diritto alla scolarizzazione, libertà di informazione e espressione sono diventati pilastri della nostra epoca, ma tutte queste concessioni hanno iniziato a barcollare in quanto scomode per chi tiene in pugno il sistema: creano cittadini troppo liberi ed intraprendenti che, una volta trovata la consapevolezza della propria forza e capacità, possono diventare dei concorrenti. Bisogna perciò riportarli al nulla dal quale sono venuti.
In passato  bastava scatenare una bella guerra, oggi si usano metodi più subdoli: i trattati e lo spread. Si toglie sovranità agli stati conglobandoli dentro la gabbia di un’area monetaria il cui strumento di oppressione è l’euro controllato da un ristretto numero di burocrati autonominati che con la scusa delle riforme e della globalizzazione costringe 400 milioni di abitanti a togliersi i vari diritti conquistati nel secolo scorso. E per i refrattari ai diktat di Bruxelles c’è la falce dello spread.
Globalizzazione ed euro sono figli delle stesse menti e hanno il compito di portarci via il futuro e la dignità a favore di pochi “paperoni” che giocano con le nostre esistenze. La commissione europea non a caso ha pianificato ogni cosa a misura di multinazionali e contro artigiani e piccole e medie imprese. I vari Padoa Schioppa e compagnia cantante sapevano benissimo cosa stavano facendo: sono partiti dalla moneta unica per imporre agli europei ciò che altrimenti non sarebbe mai passato.
Le crisi servivano per togliere sovranità agli stati e trasferirla a Bruxelles. Dopo aver consegnato l’Europa alle banche ed alla finanza e sostituito l’economia reale (l’industria ed agricoltura) ora sta per arrivarci sulla testa il Trattato di Libero Scambio Euroatlantico del quale in gran segreto se ne sta occupando il presidente Barroso che, mirando a divenire segretario dell’Onu, farà di tutto per accontentare gli Usa.
L’Europa verrà fagocitata dalle multinazionali americane che avranno mano libera su tutto e gli stati Ue non potranno più opporsi pena l’apertura di cause davanti al Tribunale Internazionale per questioni economiche, completamente in mano ai legali delle multinazionali stesse. Ne sa qualcosa il Canada che negli ultimi anni ha perso oltre 200 cause contro le lobbies. Il potere si riprende tutto.
Come vedete la maschera è caduta. Democrazia, libertà, giustizia ed equità sociale rimangono un miraggio. E in tutto questo un ruolo determinante ce l’ha l’informazione pilotata dagli spin-doctors, e politici allevati nei pensatoi e nelle fondazioni create da banchieri e finanzieri che ci raccontano che questo taglio ai nostri diritti è giusto. Se non ci piace tutto questo il 25 maggio prossimo abbiamo la possibilità di far capire a questa Europa che è ora di cambiare registro.

giovedì 1 maggio 2014

GLI APPLAUSI CHE FANNO MALE

Non si può dire che sia stato che un delitto perfetto ma tre dei quattro agenti assassini di Federico Aldrovandi si sono beccati circa cinque minuti di applausi in piedi da centinaia di colleghi delegati alla sessione pomeridiana del Congresso nazionale del Sap, il sindacato autonomo di Polizia. Uno dei segretari nazionali del Sap è di Ferrara e già a poche settimane dall’omicidio aveva dato prova di tutta la sua mancanza di umanità e di professionalità. Tutte le sigle sindacali locali, con l’eccezione del Silp, non hanno mai fatto mancare la loro vicinanza ai quattro uccisori di Federico.
Ma solo il Sap è stato capace di una rivendicazione in piena regola: se Paolo Forlani, Luca Pollastri e Enzo Pontani sono state le star del congresso del Sap benché condannati in tre gradi di giudizio per l’omicidio (colposo), vuol dire che per centinaia, forse migliaia di agenti è giusto massacrare un cittadino inerme (e che non stava commettendo alcun reato) e sbagliato essere giudicati per questo. Del tutto comprensibile e condivisibile il ribrezzo di Patrizia Moretti e Lino Aldrovandi. Scrivono: «Si puo’ dire il falso, si puo’ depistare, si puo’ uccidere senza una ragione, si puo” essere pregiudicati, e nonostante delinquenti, rimanere a libro paga di tanti cittadini onesti, e alla fine… essere anche applauditi per cinque minuti. Orribile, sopratutto per chi, per quella divisa ha dato la vita». «Provo ribrezzo per tutte quelle mani. Pansa era li?», si domanda Patrizia sul social network.
Pansa Alessandro, capo in testa della polizia, era lì.
E’ andato ad annunciare – a proposito della legge sulla tortura in discussione al parlamento – che «la lettera della norma deve essere chiara e non deve dare adito ad interpretazioni estensive» [messaggio rivolto ai politici: quella legge l'ha dettata il Viminale], e poi [a uso e consumo delle telecamere] ha anticipato che sarà elaborato una sorta di decalogo sulle «regole di ingaggio», una serie di comportamenti standard, chiari e semplici, validi per le forze di polizia e per i cittadini in modo da evitare equivoci da un lato e abusi dall’altro e far sì che situazioni come quelle dello scorso 12 aprile a Roma, quando un funzionario delle forze dell’ordine calpestò una ragazza a terra, «non debbano più ripetersi». Pansa se n’era già andato da ore quando è scattata la standing ovation per i quattro galantuomini. Quel decalogo si annuncia già come un’ulteriore limitazione della libertà di movimento.
C’è da chiedersi come l’avrebbero presa i tutori dell’ordine iscritti a questo sindacato, il primo del comparto, se fosse stato un delitto perfetto anziché la miscela di cialtroneria, cattiveria, violenza, e connivenza che ha portato non solo alla condanna definitiva degli assassini ma anche alla condanna, finora in primo grado, di chi li ha aiutati nel depistaggio delle indagini.