lunedì 28 aprile 2014

L'EUROPA DELLE BANCHE

I partiti e i media, del sistema creato dalla grande finanza, ci dicono che l’uscita dall’Euro e dall’Europa delle banche sarebbe una sciagura, ma sanno benissimo di mentire; sono costretti a farlo perché questa è ormai la loro natura. La loro esistenza, funzione, organizzazione e finanziamento sono indissolubilmente legati ai servizi che sono chiamati a svolgere su input politico-culturale dei centri decisionali quali la Trilaterale, il Bilderberg, ecc..
Loro sanno benissimo che è tragicamente folle e suicida una ‘competizione’ con sistemi paese europei ed extraeuropei, politicamente e finanziariamente controllati dalla stessa grande finanza che ora ha in mano l’Europa e la BCE, in cui ci sono condizioni più ‘competitive’ (su costo del lavoro e dell’energia, nonché per via delle varie ‘regalie’ insediative, tributarie e ambientali, concesse loro da governi da loro gestiti) .
Il ‘divenuto’ Segretario del PD e Presidente del Consiglio che prima, tra le seconde e terze file, stava al gioco, è ora stato promosso per sostituire chi, essendo da tempo in prima linea, toglieva efficacia alle invenzioni mediatiche ed alle cortine fumogene con cui hanno programmato di condurci fiduciosi e speranzosi, verso il baratro.
Renzi, uscito dalla riunione in cui la BCE ha deciso di accreditarci altri miliardi di euro di debito, che noi non vedremo nemmeno, poiché andranno al fondo necessario per coprire le spese del colpo di Stato in Ucraina (e per finanziare il banchiere messo alla sua Presidenza), ha avuto un incontro con Obama, che è la struttura istituzionale formalmente incaricata dalla grande finanza di gestire il disbrigo delle questioni politico-militari, e non ha battuto ciglio quando si è sentito dire che la “loro” libertà ha un costo.
Da ubbidiente scolaretto si è infatti impegnato a pagare quel costo ed a continuare con nuove Contro-riforme.
Avrebbe potuto dire che abbiamo già milioni di disoccupati e imprese chiuse o fallite, che milioni di italiani non avranno la pensione poiché non riusciranno mai ad avere 40 anni di contributi lavorativi, ecc., ecc., invece ha sorriso ed annuito. Avrebbe potuto dire che come servi fedeli, già paghiamo la metà dei costi delle 113 basi militari con cui loro occupano il nostro paese, che da quasi 70 anni compriamo le loro armi e facciamo tutte le loro guerre o che non è chiaro da quale ‘terrorismo’ ci dobbiamo difendere se è USraele, utilizzando anche la sua NATO e la sua Arabia Saudita, ad istruire, armare e finanziare le organizzazioni terroristiche salafite, di Al Qaeda e di al Nussra che loro hanno inviato in Siria per rovesciare un paese la cui banca centrale ha la colpa di essere della Siria e non dei Rothschild. Avrebbe potuto dire che sono la ‘loro’ globalizzazione e la ‘loro’ moneta debito che ci stanno strangolando e ci impediscono di avere la risorse pubbliche necessarie per difendere ed estendere l’occupazione e l’imprenditoria italiana.
Invece, triplo salto mortale e rieccolo blaterare di Jobs act, che,  manco a dirlo, sotto la terminologia anglosassone nasconde la solita ricetta globalizzatrice: precariato, contratti a termine, apprendistato e flessibilità, per ridurre diritti e costo del lavoro.
Poi vengono a dirci che uscire all’Euro e dall’Europa globalizzata dalla banche sarebbe un guaio per gli italiani.
Il dramma è che la loro potenza mediatica e clientelare, gli consente di ‘imbambolare’ e ‘ipnotizzare’ delegati sindacali in buona fede, attivisti politici di destra, centro e sinistra, in buona fede…che, come nella storiella della rana nella pentola…gli avessero detto nel 1993 che le loro famiglie e l’Italia si sarebbero ridotte nella attuale situazione avrebbero riso in faccia all’indovino, prendendolo per pazzo, mentre ora se ne stanno allineati e coperti dietro i loro capi partito, sindacato, associazione di CENTRODESTRASINISTRA, che ogni tanto allungano un ‘biscottino politico’.
Il ‘biscottino’ che ora va per la maggiore, essendo all’orizzonte l’appuntamento con le elezioni del parlamento europeo (sovrastruttura che non conta nulla in termini di potere politico, economico, finanziario e militare, ma che rischia di far emergere dalle urne un risultato contro l’€ e la ‘loro’ Europa, che potrebbe aprire nuovi scenari e/o complicare le ulteriori tappe globalizzatrici), è quello del cambiamento, “ora ci impegniamo davvero e vedrete che cambiamento”!
Ma poi a Obama, Draghi, Schultz e Merkel (che di recente ha fatto lo stesso giochino nelle elezioni in Germania), chiariscono che non va preso sul serio quello che stanno dicendo in campagna elettorale e che possono stare tranquilli e continuare a confidare sulla loro fedeltà.
Diranno “Le condizioni categoriche che porremo alla BCE e alla Commissione Europea, non potranno essere rifiutate perché noi siamo un paese europeista, che ha fondato l’Europa e siamo ancora una delle 20 economie più forti del mondo. Se le nostre richieste non verranno esaudite, allora si che usciremo dall’euro e dall’Europa , o autorizzeremo gli italiani a dirci, con un referendum, se dobbiamo star dentro o uscire!”, ma lo faranno perché siamo in campagna elettorale e se loro non catturano i voti delle vittime dell’Euro e dell’Europa delle banche c’è il rischio che il giochino si rompa.
Quando i partiti che governano e hanno governato (Renzi o Berlusconi, Tsipras o Fratelli d’Italia, Lega o Casini), vanno in TV e negli altri media a dire che ‘le cose in Europa debbono cambiare’ , che ‘loro lavoreranno per cambiarle’ .. nella migliore delle ipotesi ciò che hanno in mente per l’Italia è solo un guinzaglio più lungo, un riparo di fortuna e qualche osso, o i resti della tavola dei banchieri almeno la domenica !
Quando certi sindacati fingono di ‘difendere’ i posti di lavoro, le conquiste salariali ed i diritti acquisiti dai lavoratori italiani (salute, previdenza, normative rispettose dei diritti civili), sanno di svolgere una parte in commedia e che la china in cui ci hanno messo aderendo alla globalizzazione, all’Euro ed all’Europa delle banche ci porterà tutti sulle orme della Grecia, che è il primo paese europeo occupato e destrutturato dalla finanza globalizzatrice.

sabato 26 aprile 2014

LA POCHEZZA DELLA CLASSE DIRIGENTE ITALICA

La competenza in politica è stato per tempo immemorabile il requisito essenziale perché un buon governante e/o legislatore sapesse non solo gestire la cosa pubblica e barcamenarsi tra le miriadi di aspetti tecnocratici, ma affinché la comunità territoriale di riferimento potesse confidare complessivamente nella sua azione di governance esecutiva e avesse la certezza che una data personalità potesse essere confacente per ottemperare a prefissati doveri. Infatti, specie nella circoscrizione dei confini italici, ove cultura ed eccelse doti intellettive hanno caratterizzato secoli di storia trovando il massimo lustro tra l’Umanesimo e il Rinascimento datati 1500, per intere decadi si è dibattuto ed appurato che il concetto di capacità andasse serenamente a braccetto con quello di onestà: Benedetto Croce asseriva con una magniloquente allocuzione che “il vero politico onesto fosse il politico capace”, dando per assodato che la rettitudine intellettuale sia alla base di ogni ambito professionale. Data teoria però pare sopitasi, soprattutto nel contesto italiota dal post seconda guerra mondiale e più specificatamente con l’inizio dell’era repubblicana, patendo la definitiva invalidità sul finire degli anni ’70: l’aggrovigliata professionalizzazione del mondo politico si è autonomamente anteposta a referenze di gran lunga più rilevanti e determinanti nell’ecosistema della rappresentanza, in cui non è fondamentale chi si candidi e quali peculiarità contraddistinguano il concorrente, bensì che il medesimo rispetti fedelmente le direttive diramate dai vertici del proprio schieramento e adempia alle sue mansioni da pigiabottone. Ciò è stato cardine di una logica votata al conseguimento del maggior consenso possibile in percentuale, credendo che la quantità fosse sinonimo di qualità, e alla burocratizzazione degli interessi, spesso in sintonia con i propositi delle lobbies, cosicché il popolo non riesca a trovare l’inganno e sia poco propenso alla partecipazione e alla comprensione totale di procedimenti contorti, destituendo il conclamato processo di semplificazione per rendere meno evidente e netto il divario fra la classe dirigente e i cittadini, ossia semplicemente tra l’elettorato attivo e quello passivo.
Questo ha contribuito alla alienazione del votante medio nei confronti di un apparato istituzionalista non dedito alla responsività e alle risoluzioni, ma alla globale abnegazione al servaggio dei poteri predominanti, nel nostro caso in questione al servilismo filiale e infimo ai Palazzi dell’Unione Europea, sui versanti politici, economici e monetari. Questa modo di interpretare la competizione politica ha avallato la recenti scelte di Forza Italia, che nel consunto delle liste europee per le urne di fine maggio avanza nomi del calibro di Alessandro Cecchi Paone e Ylenia Citino, i cui curriculum hanno all’attivo un’esperienza pari a zero e una molteplicità di ospitate non nei salotti dell’incisività attuativa romana, ma in quelli televisivi: un uomo di spettacolo e un’ex tronista per rispettare pedissequamente la tradizione dell’ultimo ventennio all’insegna dell’inoperosità e dell’inabilità in materia di diplomazia e di efficienza, per consolidare il primato dell’apparenza comunicativa (?) sull’argomentazione dei contenuti. Resta comunque pendente e lecito capire per quali ragioni siano state designate, tra le tante, entità così vacue e scadenti per un’arte nobile ma degradata. Dalla sua, il Partito Democratico prosegue nel catalizzare nelle sue fila palazzinari dall’espressività e dalla somatica rassicuranti, i quali però latitano nel merito della trattazione delle impellenti urgenze: da un lato per compiacere il capo, dall’altro per circuire e persuadere il proprio bacino d’utenza che una manovra finanziaria da 10 miliardi per rinsaldare le buste paga dei meno abbienti possa esimere l’operato del gruppo dalle dirette responsabilità sull’immobilismo nello scardinare il settore improduttivo della pubblica amministrazione, che disincentiva il lavoro invece che intensificarlo. Non tenendo in considerazione che il silenzio abbia regnato sulla programmazione del centrosinistra per la ritrattazione dei parametri e dei vincoli dell’UE. Temi che al contrario il Movimento 5 Stelle ha ampiamente affrontato, continuando però ad incappare nell’errore di sempre, cioè perseverare nella insicura e non certo valida – in senso di modalità – selezione dei papabili europarlamentari: è improbabile che un’ottantenne possa piazzarsi davanti ad un computer ed avere dimestichezza con il web ed è alla stregua complicato che la funzionalità dei vincitori incensati dalla rete possa essere chiaramente efficiente. Tuttavia c’è da riconoscere che sia l’unica delle tre forze parlamentari che conceda, dopo nove anni di liste bloccate, di scegliere i nomi degli aspiranti agli scranni.
Alla luce degli eventi odierni, giocare a vincere le elezioni non può più essere la priorità della partitocrazia, che è incontrovertibilmente chiamata a dare risposte repentine, stante che all’esterno delle sfarzose strutture di Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo il tessuto sociale si stia scucendo irreparabilmente, le radici del neo liberismo statutario e monarca del mercato perpetuino a seminare vittime e le diseguaglianze e le ingiustizie civili siano all’ordine del giorno. È bene e necessario che si inizi davvero ad agire sul frangente occupazionale ed economico, magari defilando soubrette e prime donne.

mercoledì 23 aprile 2014

L'INUTILITA' DELL'UNIONE EUROPEA COSI COME CONCEPITA

L’elezione in quanto tale non produrrà un’estensione dei poteri del Parlamento.
Quindi la mobilitazione di 180 milioni di elettori per eleggere un’assemblea priva – o quasi – di poteri si risolverà in un inganno, in una specie di colossale presa in giro dei cittadini europei.
Il Parlamento europeo non legifera (ma può soltanto approvare risoluzioni e pareri senza valore vincolante), dispone di poteri di bilancio limitati (esso infatti controlla soltanto una parte – equivalente a circa il 20% – del bilancio comunitario) ed il suo controllo sull’esecutivo si riduce alla facoltà finora mai esercitata – di votare, a maggioranza di 2/3, la censura nei confronti della Commissione: cioè soltanto nei confronti di uno dei due organi – allo stato dei fatti il meno importante – del bicefalo esecutivo europeo; mentre l’altro, quello che decide nelle materie di maggiore importanza – il Consiglio dei ministri – è sottratto a qualsiasi controllo da parte dell’Assemblea.
Questo baraccone, di cui tutti possono quotidianamente constatare l’inutilità, il solo ed esclusivo organo della UE con una qualche pretesa di democraticità, visto che parte dei deputati vengono eletti nei rispettivi paesi, viene a costare ai comuni cittadini europei 1,5 miliardi (1’500 milioni) di euro all’anno, che è come dire che ogni parlamentare costa 2 milioni (1’500 : 754, siamo lì) anno per anno. Non può legiferare di propria iniziativa e scade quindi al rango di legislativo che non legifera, è cioè perfettamente inutile, può solo avallare, congiuntamente al Consiglio europeo, le leggi proposte dalla Commissione UE. 
Deve anche approvare i bilanci, ma in pratica movendo il capo solo in senso antero-posteriore, le spese essendo fissate da contratti firmati dal Consiglio UE e le entrate decise dagli stati membri.
La realtà vera, quella che non appare mai alla luce perché formulata negli “antri bui”, è che a Bruxelles imperano le “camarillas”, conventicole e combriccole di genere vario e variegato, costituite da politici delegati (nessuno eletto), superburocrati, esperti e periti di questo e di quello, con tutta una corte di giornalisti e di procacciatori al servizio di grandi aziende e finanza.
Al punto che si parla adesso apertamente del governo della “comitologia”:comitato per questo e comitato per quello, chi ci capisce ancora qualcosa è bravo, ciò che favorisce naturalmente il potere di chi siede ai piani alti.
A queste condizioni il parlamento europeo non potrà mai avere un ruolo.
Del resto, se non legifera su imposte e spesa a che serve un parlamento?
Per finire, un’informazione di dettaglio: il parlamento di Strasburgo in realtà ha 3 sedi, come il Ticino dell’Ottocento: Strasburgo, Bruxelles e Lussemburgo. 
Era una scelta simbolica. Adesso è un simbolo dell’inefficienza e degli sperperi dell’UE. A Strasburgo si tengono sedute una volta al mese, a Bruxelles durante 3 settimane al mese, a Lussemburgo stanno i burocrati con l’amministrazione, la biblioteca e i servizi di traduzione. Una volta al mese colonne di autoveicoli trasportano 754 deputati, 3.000 burocrati e centinaia di giornalisti e procacciatori, con montagne di documenti, dal Belgio a Strasburgo e ritorno.
Perché non si resta a Bruxelles, dove già si sta per 3 settimane? Semplice: la Francia si oppone. Per evitare la perdita per gli alberghi della cittadina alsaziana, stimata in 200 milioni di euro all’anno, la Francia fa spendere più di un miliardo ai contribuenti europei.
Il Parlamento europeo dunque non legifera (ma può soltanto approvare risoluzioni e pareri senza valore vincolante), dispone di poteri di bilancio limitati (esso infatti controlla soltanto una parte – equivalente a circa il 20% – del bilancio comunitario) ed il suo controllo sull’esecutivo si riduce alla facoltà finora mai esercitata – di votare, a maggioranza di 2/3, la censura nei confronti della Commissione: cioè soltanto nei confronti di uno dei due organi – allo stato dei fatti il meno importante – del bicefalo esecutivo europeo; mentre l’altro, quello che decide nelle materie di maggiore importanza – il Consiglio dei ministri – è sottratto a qualsiasi controllo da parte dell’Assemblea.
Tutto ciò ha spinto molti a comprendere che l’elezione a suffragio universale del Parlamento europeo è una pura e semplice messa in scena, ma purtroppo assai costosa per gli elettori: così gabbati due volte. L’elezione in quanto tale – si è detto – non produrrà un’estensione dei poteri del Parlamento. Quindi la mobilitazione di 180 milioni di elettori per eleggere un’assemblea priva – o quasi – di poteri si risolverà in un inganno, in una vera e propria colossale presa in giro dei cittadini europei !

domenica 20 aprile 2014

LA RETORICA PRO AMERICANA

In Italia, con l’avvicinarsi della fatidica data del 25 Aprile, giunge al suo apice la retorica sulla liberazione da parte degli alleati anglo-americani che li celebra quali indiscussi (e indiscutibili) paladini del Bene, a prescindere dal contorno di atrocità di cui si resero autori sotto le più diverse forme, dai bombardamenti a tappeto agli stupri collettivi su cui viene calato il più opportunistico dei silenzi.
In Russia, e precisamente a Vladikavkaz, capitale della Repubblica autonoma dell’Ossezia settentrionale-Alania, è stato or ora inaugurato un museo dedicato alle vittime che gli Stati Uniti e la NATO hanno disseminato in giro per il mondo…vittime di serie B...giustificate sempre come effetti colaterali di una democrazia esportata con le bombe e la violenza ad invasione di popoli sovrani.
L'America si è eretta a gendarme del mondo, a guardiano della democrazia, non si sa a quale titolo e perche...è giusto in questo ambito erigere un museo per ricordare i veri morti dimenticati...quelli fatti dagli americani..dal Vietnam e via dicendo.

venerdì 18 aprile 2014

L'ITALIA ODIERNA

Ma questo disgraziato Paese è ancora capace di indignarsi? Di notizie disgustose il nostro Paese è pieno. Il problema, se mai, è rappresentato da un intero popolo assuefatto all’obbrobrio. Partiamo dai "latitanti" e trasferiamoci in Libano dove un condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafioso latita davvero. Dopo un iter giudiziario quanto meno paradossale l’ex dirigente d’azienda, nonché braccio destro di Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri, viene finalmente arrestato a Beirut (ma perché è stato così semplice scappare?). Comincia quindi il tira-e-molla sull’estradizione. “Tratta e vinci”, in effetti a trattare si esce vincenti. Il condannato in concorso esterno in associazione mafiosa, già senatore della Repubblica, grazie al sistema giudiziario libanese, “vince” e si fa attendere. In questo caso chi deve aspettare è l’autorità giudiziaria italiana. Quanto tempo passerà prima di rivederlo in Italia? Impossibile da stabilire. Contemporaneamente la Suprema Corte di Cassazione che fa? Recepisce appieno le istanze degli avvocati difensori di Dell’Utri, a loro dire impossibilitati a presenziare all’udienza odierna al Palazzaccio (uno si fa ricoverare per un’operazione d’urgenza, l’altro accusa un’artropatia al ginocchio sinistro), e fa slittare al 9 maggio la sentenza definitiva a carico del sodale dell’ex premier, con tutti i relativi rischi legati alla prescrizione che questo rinvio può comportare. Dal canto suo il condannato per frode fiscale, Silvio Berlusconi, nonostante continui ad essere una persona “socialmente pericolosa”, a fronte del fatto che mostri “un’insofferenza del colpevole alle regole dello Stato poste a tutela dell’ordinamento e della civile convivenza”, viene affidato ai servizi sociali per espiare la sua condanna definitiva. Di fatto si tratta di una pena residua di un anno per la condanna definitiva a quattro anni di reclusione (di cui tre coperti da indulto). Lo stesso Berlusconi, co-fondatore di Forza Italia (non dimentichiamo che tra i soci di “maggioranza” ci sono i condannati Cesare Previti e lo stesso Dell’Utri), si prepara impunemente a partecipare attivamente alla campagna elettorale del suo partito per le elezioni europee e, soprattutto, continua ad incontrarsi con il premier Matteo Renzi per discutere di riforme e per mantenere quel “patto” relativo al voto sulla riforma del Senato. Di fronte a questo scempio della democrazia il popolo italiano tace. Probabilmente perché la sua stragrande maggioranza si riflette in questo specchio osceno. Nel frattempo il Pd, acquisisce tra i propri candidati alle elezioni europee il giurista palermitano Giovanni Fiandaca, noto per le sue posizioni ostili contro il pool che indaga su quella trattativa che lui stesso definisce “legittima”. E’ decisamente troppo, anche per chi non è debole di stomaco. Ultima osservazione: tutto questo accade a pochi giorni dalla decisione della Cassazione sull’istanza di rimessione avanzata dai legali di alcuni imputati al processo sulla trattativa Stato-mafia che puntano a far spostare da Palermo la sede del dibattimento, di fatto azzerando il processo stesso. Serve altro alla parte sana di questo Paese per fare uno scatto di indignazione?

mercoledì 16 aprile 2014

IL TRISTE TEATRO DELLA POLITICA ODIERNA

Appena la sera prima dell’affidamento di Berlusconi ai servizi sociali, decisione che permetterà al pluri-inquisito di fare campagna elettorale come un qualsiasi cittadino incensurato, Renzi lo incontrava in quel di Roma…argomento?…le riforme istituzionali !
Già il rottamatore ed il PD incontrano un evasore fiscale, capo di un partito fondato assieme ad un condannato per associazione esterna alla mafia, in presenza di Verdini, anch’esso indagato per truffa allo Stato e corruzione, per mettere mano a quelle riforme costituzionali di cui il paese, secondo loro, avrebbe bisogno.
Fotografia migliore del degrado morale e politico nel quale l’Italia è finita non poteva esserci…siamo passati da Einaudi, De Gasperi, Croce, Iotti, Labriola, La Pira, etc…, tutti legittimati non solo dal voto popolare, ma dall’impegno e dal sacrificio profuso negli anni del dopoguerra, a Renzi e Berlusconi, il primo impostoci da un Presidente della Repubblica che ha più volte “oltrepassato” quei limiti che la Costituzione gli imporrebbe, il secondo impostoci, ancora una volta, da un PD che più che un suo avversario politico appare, sempre di più il suo migliore alleato.
E mentre continua la pantomima su riforme che consentiranno, nei fatti, alla politica di rigenerarsi e scambiarsi favori e poltrone, senza alcuna reale  legittimazione popolare, si assegnano i posti chiave dei variegati enti pubblici, in un valzer che propone persone come la Marcegaglia, fratello che ha patteggiato una condanna per una mazzetta ad un’azienda dell’Eni di cui Emma diverrà presidente, padre indagato per fondi neri e traffico illecito di rifiuti, Moretti, che da AD di Finmeccanica non verrà toccato dal “tetto” stipendi imposto per i Presidenti degli enti, Todini, in quota Forza Italia, Grieco e Caio, già, rispettivamente, in Olivetti ed Indesit, due aziende dell’eccellenza italiane ridotte al collasso, ed il riconfermato ex- capo della Polizia, De Gennaro,  già indagato per gli scontri del G8 a Genova.
Amici, parenti ed affini occuperanno, per i prossimi anni, poltrone pubbliche senza averne nessuna diretta competenza, solo per quel rito italico di scambio di favori, necessario ad un potere marcio per rimanere attaccato a quelle poltrone senza le quali non saprebbero cosa andare a fare…il Renzi-pensiero comincia a delinearsi in tutta la sua nefasta crudezza.

domenica 13 aprile 2014

LA TRISTE FUGA DI DELL'UTRI

Delle due l’una: o dell’Utri si è voluto far rintracciare nell’ambito di trattative segrete che non conosceremo mai, oppure il potente braccio destro del Caimano si è dimostrato un cialtrone anche nella fuga. Come un qualsiasi rubagaline confessa i suoi piani al telefonino, non usa mail criptate, scappa nel luogo più ovvio per lui, ossia Beirut, senza nemmeno prendere precauzioni, usa carte di credito dal nascondiglio e si fa per giunta beccare con un sacco di soldi. 
Entrambe le ipotesi che poi non si escludono l’un l’altra, portano all’immagine di un Paese dove persone di straordinaria pochezza, rese forti dall’assenza di inibizioni etiche, hanno fatto il bello e cattivo tempo, sono state spacciate, viste e osannate come statisti, ministri, uomini di cultura, sottili tessitori, onnipotenti santi in paradiso, mentre erano solo modeste personcine non a modo. Il potere dell’informazione è stato vitale in questa mitopoietica coi fichi secchi e i Dell’Utri: ostentadoli ad ogni minuto, asseverandone le blasfemie intellettuali, ovvero le cazzate, col solo riportarle senza mandarli al diavolo, li hanno pantografati come i faccioni di cartapesta dei carnevali. Hanno dato loro una vita che era pura aria compressa.
Solo una profonda corruzione dell’establishment, un’inveterata abitudine alla subalternità e una disgregazione del senso di cittadinanza hanno potuto e possono tuttora rivestire di un’aura ex potenti gonfiati con gli ormoni del berlusconismo o cinici bambocci di aria fritta. Gli stessi fattori che proprio in queste ore vengono probabilmente mossi e tirati per trovare una soluzione al “caso dell’Utri” che è pur sempre una mina vagante o meglio ancora una castagnola in questa triste allegoria della politica.

giovedì 10 aprile 2014

L'INUTILITA' DEL PARLAMENTO EUROPEO

Resto fermo nella convinzione che un’efficace lotta contro il sistema di dominazione e sfruttamento europide, tassello importante della globalizzazione neoliberista, potrà avvenire solo se gruppi politici con un piede dentro il sistema lo scardineranno dall’interno. Rivoluzioni “di popolo”, dalla Grecia alla Danimarca passando per l’Italia, in questo momento storico sono altamente improbabili. Tanto meno potranno bastare le elezioni, per un parlamento come quello europoide che ha una semplice funzione di controllo “di democraticità” sulla famigerata commissione – organo esecutivo di prima importanza che promuove le leggi – che deve esaminarne le proposte legislative, approvare il bilancio con il consiglio unionista e istituire, se del caso, le commissioni d’inchiesta. Essendo molto ottimisti, il parlamento in questione è al più “colegislatore”. Più realisticamente, un ausiliario della commissione in ambito legislativo. Questo parlamento monco di funzioni non può fare cose d’importanza vitale, come modificare i trattati-capestro e nominare la commissione, la cui “proposta” di nomina, nella persona del presidente che poi nomina i commissari, spetta al consiglio europeo ed è sottoposta alla (scontata) approvazione parlamentare. Fra l’altro, anche il presidente della bce – l’organo europide importante almeno quanto la commissione – è nominato dal consiglio europeo.
Il vero problema che abbiamo davanti non è “cambiare l’Europa” tenendo in vita il sopranazionale, perché il sistema è immodificabile e funziona a dovere così com’è. Essendo stato concepito dalla grande finanza che diventava egemone nel mondo e voleva imporre i suoi interessi privati. Attivato una prima volta nel 1993 (entrata in vigore del trattato di Maastricht), ha conosciuto un grande sviluppo nei decenni successivi con bce, moneta unica e trattati per fottere i popoli europei e mettere sotto gli stati nazionali (soprattutto quelli con evidenti “debolezze” come l’Italia).
Il vero problema è semplicemente questo: scardinare le porte dell’eurolager, facendo collassare tutto l’impianto di potere unionista, per consentire ai popoli di uscirne e salvarsi.
Scritto quanto precede, è bene sottolineare una volta di più che non si arriverà mai alla liberazione dei popoli d’Europa:
(1)    Semplicemente grazie agli esiti elettorali per il rinnovo del parlamento di Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo, sempre che non siano assolutamente clamorosi.
(2)    Fidando su un’improvvisa rivoluzione “dal basso”, scatenata dagli effetti delle politiche di austerity, perché questa dovrebbe riguardare non un popolo isolato, ma una pluralità di popoli che dovrebbero agire in modo coordinato e organizzato, contro il mostro sopranazionale, sulla base di programmi politico-strategici coerenti.
La chiave del problema può essere la comparsa sulla scena di gruppi e personalità politiche antagoniste, ma parzialmente interni ai sistemi politici liberal-democratici, che si oppongano con chiarezza, durezza e determinazione – non solo in campagna elettorale – al complessivo progetto europoide. Questo deve accadere non in un solo paese, per quanto importante possa essere ma in un buon numero di stati soggetti all’euro, o comunque inglobati nell’unione. Se l’affermazione del socialismo è stata possibile in un solo paese, la Russia sovietica isolata e assediata in questo passaggio storico non è possibile un’affermazione anti-europoide in un solo paese. Le tessere del mosaico devono cadere rapidamente una dopo l’altra, altrimenti il paese “ribelle” potrà essere isolato con un ferreo cordone sanitario, destabilizzato e punito severamente.
Si dirà, a tal proposito, che in Francia c’è Marine Le Pen con il suo FN in costante ascesa, in Ungheria Viktor Orban e la Fidesz al momento imbattibili, in Inghilterra Nigel Farage con il suo UKIP sulla strada del successo elettorale. Eccetera, eccetera. Ma trovare un minimo comun denominatore politico fra questi gruppi, molto legati alle specificità e alle istanze delle nazioni di appartenenza, pare un’impresa difficile.  Nonostante la comune avversità all’euro e all’unionismo elitista, le vecchie differenze di ordine politico-ideologico fra questi gruppi sembrano riproporsi ancora. Ovviamente ci sono, previsti in crescita di consensi, anche i falsi oppositori, collusi con l’unionismo e favorevoli alla permanenza nell’euro, una sorta di quinta colonna nell’”euroscetticismo”, che produce liste civetta per scongiurare il pericolo di una rottura dei patti unionisti. Poi c’è Grillo, in Italia, che in vista delle europee sfrutta sapientemente i temi dell’Europa unita, dei trattati e dell’euro, anche se questi non sono i suoi cavalli di battaglia originari. Il punto è che procedendo in ordine sparso, con l’orizzonte rigorosamente limitato alla dimensione nazionale, non si andrà da nessuna parte, perché il nemico è troppo potente e ancora ben saldo.
Grandi attese e grandi timori si diffondono, in vista dell’esito elettorale di maggio. Oltre al segnale dato da un buon incremento degli “euroscettici”, nei recenti appuntamenti elettorali in Francia e Ungheria, c’è però ben poco d’altro da segnalare. Costoro, pur con decine di deputati (poniamo sessanta o settanta, o anche di più) saranno isolati in un parlamento che manterrà una maggioranza assoluta euroserva. Se il parlamento europide conta quasi un cazzo – avendo al più la funzione di controllare e approvare quello che altri, non eletti dal popolo, hanno deciso – i parlamentari euroscettici conteranno meno di un cazzo. Questa è la triste realtà. Bisognerà attendere che le forze cui fanno riferimento dilaghino nei paesi d’origine, vincendo le elezioni politiche nazionali (le presidenziali francesi si terranno nel 2017), mettendo in minoranza gli euroservi, e che da lì parta la demolizione effettiva dell’impianto di sfruttamento europoide. Data la situazione socioeconomica e le urgenze che questa pone, si potrebbe dire, sconfortati, campa cavallo che l’erba cresce!
Che nessuno si faccia troppe illusioni, perché non mancano meno di due mesi al collasso dell’unione e dell’euro!

lunedì 7 aprile 2014

LA BOMBA SOCIALE DELLA DISOCCUPAZIONE

C’è qualcosa che non torna nelle statistiche diffuse dall’Istat sull’occupazione.
Come si legge nell’articolo il dato rilevato è il peggiore dal 1977, ma solo perché a partire da questo anno vengono fatte le rivelazioni trimestrali sull’occupazione! Niente, pertanto, si sa degli anni precedenti. Il sospetto è che bisogna risalire all’immediato dopoguerra per trovare dei dati così scioccanti.
Nel 1977 la situazione Economica e Sociale dell’Italia – pur con i gravissimi problemi in cui si dibatteva (es. terrorismo, ecc ecc) – non era così pesante da togliere qualsiasi speranza per il proprio futuro.
Sul piano strettamente tecnico non torna il raffronto tra gli occupati del 1977 con quelli odierni! Nel 1977 infatti i contratti precari e a termine non esistevano. Ad un contratto a tempo indeterminato sicuramente fa riscontro un occupato in senso proprio, diversamente ad un contratto a tempo determinato non è detto che corrisponda un vero occupato. Se l’Istat ad esempio rilevasse come lavoratore occupato solo quelli che durante l’anno avessero lavorato almeno per tre mesi, con un contratto a termine, i risultati emergenti sarebbero assai più drammatici di quelli diffusi! Il governo Monti ha avuto sull’occupazione del Paese gli stessi effetti devastanti di una bomba atomica. Per quanto riguarda l’attuale governo non è certo a suon di balle che si risolvono i problemi del Paese! La precarietà è il vero nemico per il lavoro, i lavoratori ed il Paese. Altro che disseminarla a piene mani e promettendo effetti miracolosi – quasi una moltiplicazione dei pani e dei pesci – biascicando concetti come “maggiore flessibilità del lavoro”. Se passasse il Jobs Act  credo il sindacato non avrebbe più ragion di esistere”.

venerdì 4 aprile 2014

SEGNALI PERICOLOSI

Oggi, che in tutta Europa il clima è rovente e le frizioni sociali sono prossime al limite massimo, il rischio che si verifichino dei colpi di testa è reale. Come è reale che forze occulte si stiano già preparando per eseguire qualche messinscena su cui servire qualche cadavere tipo una bomba al mercato, l’omicidio di un magistrato, il sequestro di un politico ecc.
D’altra parte l’atmosfera è questa. Lo sentiamo spesso ripetere agli angoli delle strade, alle fermate del bus come all’interno dei bar: “andrebbero eliminati tutti” – riferendosi alla nutrita e ben pasciuta casta politica.
È un sentimento dilagante che tuttavia non genera allarme in quanto tale; nessuna persona assennata oserebbe mai compiere un gesto simile come quello di ammazzare una persona. Tutt’altro discorso va fatto per i disturbati di mente ma non è di costoro che ci preoccupiamo ora.
Il punto di fondo è e resta il malcontento generalizzato che ha preso piede in tutto lo Stivale.
Comunque chiunque sia un po attento e osservatore capisce esattamente dove si trovi il tranello e come tale meccanismo sottile si insinui nei rapporti sociali. Si chiama strategia della distrazione, di come creare problemi per poi servire le soluzioni e della strategia della gradualità.
In buona sostanza il modello non cambia mai e funziona come un orologio svizzero da almeno due secoli. Ed è proprio su questo inganno che i governanti dei popoli azionano le proprie leve del controllo di massa per erodere lentamente cospicue fette di libertà. Di questo passo, tra poco tempo, il termine libertà non avrà più alcun significato. Forse neanche sarà più possibile comporre piccoli editoriali come questo.
Se ancora siete prigionieri del vetusto concetto secondo il quale il controllo di ogni singolo individuo fosse una realtà propria della Unione Sovietica o della DDR (ex Germania dell’Est) in cui la corrispondenza, le comunicazioni telefoniche, le lezioni universitarie, i discorsi sul posto di lavoro come addirittura gli acquisti di medicinali erano azioni attentamente spiate dagli organi orridi di polizia interna, sappiate che state fuori strada. Questo genere di controlli non sono mai e poi mai venuti meno. Anzi!
Con l’avvento della tecnologia e del computer si sono incredibilmente infittiti. Esistono sistemi di riconoscimento vocale sofisticatissimi in grado di riconoscere una singola voce tra milioni e milioni parlanti in quel dato momento. Ed esistono anche sistemi satellitari in grado di riconoscere un soggetto semplicemente cogliendo dallo spazio un frammento della propria ombra proiettata al suolo terrestre. E non è affatto fantascienza. Questo genere di apparecchiature ultramoderne sono in grado di tradurre, in tempo reale, i testi dei vostri messaggi mentre li state realizzando digitando sullo schermo del vostro telefonino ed idem quando scrivete al computer: come poggiate un polpastrello sulla tastiera siete già sotto controllo da parte del “cervellone” il quale cataloga tutto e conserva in un archivio di dimensioni immani. Tale cervellone è settato in maniera tale da riconoscere in tempo reale anche i termini che state utilizzando e verificarne la “pericolosità”. E lì restano le vostre tracce a cui si potrà attingere nel momento in cui un giorno decideste di buttarvi in politica o nel campo della scrittura anti-sistema.
Proprio così: nel momento in cui doveste diventare abili divulgatori di verità scomode, verrete immediatamente analizzati. Scandaglieranno tutto il vostro passato ed andranno a ripescare pensieri vostri scritti su facebook od altri networks anni ed anni addietro. Dopodiché scatterà un accanimento su di vuoi sino a ridurvi pubblicamente a zero annientando anche la vostra credibilità.
La maggior parte degli individui su questo pianeta nemmeno crede a tutto ciò e liquida questo genere di informazioni come immondizia!
A questo punto urge porsi una domanda, anzi due: per quale ragione è necessario controllare la popolazione sin dentro la propria vita? E come è possibile aumentare di anno in anno tale potere di controllo e di ingerenze nella sfera privata della cittadinanza senza che la stessa cittadinanza si renda conto di stare cedendo a spizzichi e bocconi la propria vita nelle mani di gente infame?
La prima risposta è semplicissima: il cosiddetto “potere” teme di perdere il potere che si è arbitrariamente costruito corrompendo, eliminando, ammutolendo soggetti riottosi e poco inclini ad essere incapsulati.
La seconda risposta è il nocciolo della questione. Ma qui ci vuole un esempio per comprendere meglio il tutto. Se io volessi ridurre una persona sotto controllo non potrei presentarmi annunciando il mio progetto poiché essa si allarmerebbe e farebbe di tutto per inibire la mia azione. Ma se io mi presentassi ammantato di perbenismo proferendo discorsi suadenti protesi a carpire la buona fede della vittima prescelta e se mi mostrassi amico, la vittima farebbe abbassare le proprie difese verso di me ed io conquisterei la piena fiducia in breve. Successivamente, sempre in virtù della fiducia che mi sono capziosamente conquistata, un bel giorno, le annuncio che grava su di essa una tremenda minaccia. La vittima, oltre a mettersi paura, essendo convinta della mia amicizia (confermata dal mio avviso di rischio imminente) si sentirebbe pronta a seguire i miei suggerimenti pur di evitare le conseguenze della minaccia. Quindi io potrò prospettare alla vittima il modo in cui agire. E lo farei, manco a dirlo, secondo un mio piano che ella eseguirebbe senza scrupoli. Risultato: io gestisco la vittima dal punto di vista delle scelte e la vittima stessa mette in atto i miei consigli senza essere minimamente sfiorata dal sospetto che la minaccia non esista ma che si tratti solo di una mia congettura finalizzata al suo controllo emozionale.
Né più né meno quello che alcuni Stati fanno a danno della popolazione! La spaventano parlando di minacce, attendono che aumenti il livello di guardia e dopo offrono la soluzione… una soluzione che altro non era che il piano di sottrazione di libertà redatto a tavolino. Se necessario, talvolta, grazie alla compiacenza di nuclei violenti artatamente occultati, si può giungere ad inscenare una pantomima in cui qualche povero civile malcapitato perda la vita in un attentato, così da aggiungere una ulteriore dose di terrore nella gente. Questo è stato fatto anche in Italia e prese il nome di “strategia della tensione” per l’appunto.
Oggi, che in tutta Europa il clima è rovente e le frizioni sociali sono prossime al limite massimo, il rischio che si verifichino dei colpi di testa è reale. Come è reale che le forze occulte si stiano già preparando per eseguire qualche messinscena su cui servire qualche cadavere tipo una bomba al mercato, l’omicidio di un magistrato, il sequestro di un politico ecc.
Questo farebbe sì che lo Stato in cui si dovesse verificare un evento del genere possa trovarsi costretto ad emanare una serie restrittiva delle singole libertà individuali tramite una sfilza di regolamenti tesi a distruggere lo spazio di manovra sociale. E ciò aggiungerebbe ulteriore distanza tra la base e l’apice, o se preferite, tra le istituzioni e la popolazione.
Questo scenario, tutt’altro che immaginario, è quanto s’intravvede sull’uscio. Sappiate che stiamo andando incontro ad una fase di vere lacrime e sangue. Sottovalutare questo sarebbe da incoscienti.
Le elezioni europee sono alle porte, manca pochissimo. I partiti coinvolti si giocheranno tutta la partita su un tema solamente: la moneta unica, insomma, l’euro! Occorre vigilare attentissimamente, perché non si sottovaluti il benché minimo segnale proveniente dai settori occulti, gli stessi che avevano ridotto l’Italia ad un campo di battaglia negli anni di sangue tra Piazza Fontana e Capaci.

martedì 1 aprile 2014

IL DOMINIO DELLE BANCHE CENTRALI

Negli ultimi anni le banche centrali si sono sostituite al mercato, ai governi e a tutti gli altri attori economici nel definire le strategie monetarie, finanziarie e anche economiche dei Paesi cosiddetti industrializzati. I loro bilanci sono cresciuti a dismisura tanto che la Fed attualmente ha attivi pari a 4.160 miliardi di dollari, di cui 1.570 sono mbs, i derivati su ipoteche, mentre la Bce, con le banche centrali della zona euro, ha attivi pari a circa 2.200 miliardi di euro.
Eppure prima si credeva che il mercato avesse leggi proprie, forti, sicure e capaci di regolare  l’economia e la finanza. Anzi si sosteneva che meno fossero coinvolti gli Stati e gli enti di controllo e meglio era per il sistema. Poi venne la crisi globale. Tutti, a cominciare dalla banche, quali le “too big too fail”, corsero a piangere miseria e a chiedere aiuti presso i governi.
Allora c’era la “magia del mercato” ed ora quindi c’è un’altra formula magica, quella della cosiddetta “forward guidance”. Dal 2008 è diventata il fulcro della politica monetaria. La Fed, la Bce, la Bank of Japan e la Bank of England forniscono, in varie forme quantitative e qualitative, appunto la loro “guida” nella politica monetaria, dei tassi di interesse e di fatto determinano l’intera politica economica..
Questa nuova situazione è oggetto di dibattito, di perplessità e di riflessione. Recentemente anche la Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha messo in guardia che la politica della “foward guidance” potrebbe generare ripercussioni negative e veri e propri choc nei mercati e nelle economie internazionali. Gli economisti della Bri sostengono che nel breve periodo le banche centrali sembrano dare più certezze politiche e meno volatilità nei comportanti monetari. I possibili cambiamenti e finanche le loro percezioni, nella politica monetaria, basata sul tasso di interesse zero, potrebbero però mettere a rischio la stabilità finanziaria e colpire la reputazione e la credibilità delle stesse banche centrali.
Infatti, quando esse comunicano che i tassi di interesse rimarranno fermi per un certo lasso di tempo o fino al persistere di certe condizioni economiche, gli operatori finanziari si sentono sicuri e perciò investono, muovono capitali e purtroppo speculano con più tranquillità. Ma non è detto che ciò accada sempre, che le banche centrali siano fisse nei loro impegni, che comunichino chiaramente le loro decisioni e che i mercati interpretino correttamente i loro “segnali di fumo”.
Già nel maggio 2013 le poche parole dette dall’allora governatore della Fed, Ben Bernanke, su una possibile riduzione del quantitativo di nuova liquidità, mandarono in tilt il sistema. Da quel momento nei Paesi emergenti si verificano fughe di capitali, disinvestimenti dai bond, crolli di borsa e massicce svalutazioni valutarie. Bernanke, nel tentativo di tranquillizzare i mercati, lamentò di essere stato frainteso.
Se il semplice fraintendimento di una frase può determinare nuove crisi sistemiche, allora il mondo è veramente messo male.
I mercati quindi, secondo noi, più che concentrarsi sulle dichiarazioni dei governatori centrali, diventati i novelli dei dell’Olimpo finanziario ed economico, analizzino con maggiore obiettività gli andamenti e i parametri dell’economia reale.
Anche per gli economisti della Bri, se i mercati si basano esclusivamente sulla “forward guidance”, un qualsiasi cambiamento significativo nella “guida” potrebbe portare a delle “reazioni distruttive dei mercati”. Per altro verso, il timore di forti reazioni da parte dei mercati potrebbe bloccare le banche centrali dall’adozione di politiche monetarie richieste da nuove situazioni e nuovi andamenti. Da ultimo, non si può ignorare che la politica del tasso di interesse zero, prolungata nel tempo, incoraggi operazioni finanziarie in cerca di profitti più alti anche se con alto rischio, generando nuovi squilibri e vulnerabilità.
Tutto ciò preoccupa e spinge gli organismi internazionali più responsabili come la Bri a riconoscere che non si può continuare indefinitamente con le politiche monetarie accomodanti e non convenzionali. A nostro avviso occorre innanzitutto riportare la politica finanziaria e monetaria al suo ruolo naturale di ancella dell’economia reale.