lunedì 23 settembre 2013

LE SOLITE BUGIE DEL PREGIUDICATO B.

Sui fondamenti della procedura in atto al Senato per la decadenza dall’incarico per Silvio Berlusconi non possono esserci dubbi.Una lettura solo attenta del decreto-legge che porta il nome dell’ex ministro del governo Monti Severino toglie ogni dubbio a chi conosca,sia pure in modo non perfetto,la costituzione repubblicana e le leggi vigenti del nostro Stato.
Berlusconi-come sempre ma con aria indubbiamente più tesa e preoccupata del solito-nel solitario comizio registrato ad Arcore in villa San Martino, ha cercato di mettere insieme la sua ultima difesa giornalistico-televisiva e il rilancio del partito di Forza Italia destinato a rimpiazzare il PDL in vista delle non troppo lontane elezioni che si profilano all’orizzonte. Le elezioni appaiono vicine(probabilmente nella prossima primavera) tra qualche mese per responsabilità di due fattori concomitanti:la prima è  la difficoltà oggettiva di far convivere le due anime abbastanza in conflitto tra loro che convivono nel Partito democratico in un partito che è difficile non definire incerto;la seconda è che l’uomo di Arcore non può accettare senza reazioni il voto previsto per il 10 ottobre di decadenza dalla carica di senatore.E, poichè ha a  disposizione in parlamento  un pacco di voti in grado di far cadere il governo e non  ha nel suo partito nessuno che gli si possa nè sia in grado di  opporsi con successo alla sua posizione,la sua diventa dall’inizio la posizione ufficiale e definitiva della rifondata Forza Italiana.
Occorre subito dire, peraltro,  che l’uomo di Arcore,che, con ogni probabilità, si dimetterà un minuto prima che l’aula di Palazzo Madama emetta-se i tre partiti proponenti,cioè il PD,SEL e Scelta Civica-manterranno la posizione già espressa- di votare per la sua decadenza. Ma ieri, nel malinconico, videomessaggio, ha riempito gli spettatori di un carico di bugie degno della sua antica fama,del tutto incurante di quanto hanno scritto al Senato dieci tra i maggiori costituzionalisti italiani(tra i quali ricordo almeno Bettinelli,Allegretti,Pinto e Guastini), affermando che non si può parlare di irretroattività per la legge Severino e che esistono tutte le condizioni perchè l’assemblea plenaria dopo il voto della commissione apposita possa provvedere immediatamente ad emanare il provvedimento di decadenza dalla carica per il senatore Berlusconi.
Il che non significa-sia ben chiaro-che l’ex senatore non possa imitare Beppe Grillo e ritirarsi in una posizione di fondatore o meglio ancora garante dei desolati e divisi parlamentari e seguaci del suo movimento.Certo i rapporti tra il segretario Alfano e i “falchi”,come ormai vengono chiamati,Verdini e Santanchè sono tra i peggiori.E d’altra parte l’uomo che è stato per molti anni presidente del Senato e che oggi fa il capogruppo del PDL nella Camera Alta,il siciliano Schifani,pure indagato da tempo per concorso esterno nell’associazione mafiosa,non si stacca di un grammo dalle affermazioni rese nel videomessaggio del capo. C’è forse in molti dei suoi luogotenenti la sensazione, non del tutto errata,che l’assenza del cavaliere nella campagna elettorale rischi di condurre alla sconfitta l’intero esercito. E’ questo-possiamo dirlo-il destino dei partiti troppo personali e leaderistici e lo si è già visto nel centro-destra con la parziale resurrezione del neofascista Storace come nel centro-sinistra di fronte al disastro che ha vissuto la IDV di Antonio Di Pietro,ridotta ormai ai minimi termini.  Ma ad elencare rapidamente le bugie ripetute per l’ennesima volta da Silvio Berlusconi c’è da pensare che l’uomo tratti gli italiani come del tutto privi di memoria e di senno. Il che non ci riempie di gioia.
1) La crisi economica come effetto dell’ultimo ventennio quando anche i più ignari sanno che lui ha governato più di tutti gli altri in questo periodo.
2)La magistratura come “contropotere irresponsabile”:ma se è lui aver fatto approvare 18 leggi ad personam sulla giustizia su un totale di 37 approvate dal parlamento;
3)la caduta del suo primo governo:non è vero che venne rovesciato dall’opposizione di centro-sinistra ma cade per la riforma Dini che porta la Lega Nord a decidere il ribaltone;
4)50 processi e 41 assoluzioni:non è vero,i processi sono stati finora 18 ,quelli conclusi sono 14 e con varie condanna,come chiunque può controllare;
5)l’evasione sui diritti tv: l’effettiva  evasione c’è stata nel biennio 2002-2003  e nella misura di 7 milioni di euro(e contestata all’inizio per 370 milioni di euro).La prima imputazione è caduta solo grazie alle leggi ad personam che hanno fatto cadere le accuse di appropriazione indebita e di falso in bilancio.
6) Il finale del video-messaggio ripete le frasi sul valore della famiglia e detto da chi ha tentato di convincerci che Ruby era la nipote di Mubarak ed è stato per questo già condannato in primo grado per prostituzione minorile è davvero troppo.

martedì 17 settembre 2013

IL TABU'

Per quanto riguarda questa Repubblica, la posta in gioco non consiste nel destino del governo Letta e nemmeno nell’esito politico della ventennale parabola berlusconiana. Consiste nell’affermazione dello Stato di diritto, nel principio della legge uguale per tutti contro la legge del più forte, del più ricco, del più furbo.
Per quanto riguarda invece le questioni personali del signor Berlusconi la posta in gioco è curiosamente quella di cui si parla di meno, quasi come se fosse un tabù, un esito difficile da immaginare, talmente indicibile che nel suo monito d’agosto Napolitano vi ha lontanamente accennato e solo per escluderlo: cioé le manette, il carcere vero, la cella.
Perché è attorno a questo scenario che si sta litigando e trattando, tutti lo sanno anche se nessuno lo dice.
Com’è che Berlusconi si è così imbullonato a un seggio senatoriale che ha frequentato finora solo nello zero virgola per cento delle sedute, se non per lo scudo che questo offre rispetto a eventuali futuri mandati d’arresto?
Com’è che la mediazione si impantana ogni volta non di fronte alla grazia (su cui Napolitano è più che possibilista) ma di fronte alla sua ‘esaustività’, cioè alla possibilità che faccia fuori tanto gli effetti della Severino quanto l’interdizione, in modo da lasciare Berlusconi in Parlamento a vita, elezione dopo elezione?
Com’è che tutti i calcoli pidiellini su possibili elezioni anticipate si aggirano attorno al rischio che Napolitano le eviti, o attorno alla (debole) chance di ricorrere al Tar per la candidatura del Capo ma anche (o soprattutto) attorno alla maggioranza da raggiungere in entrambe le Camere per poi cucirgli addosso un nuovo salvacondotto?
Di questo si tratta, ormai: altro che “agibilità politica” e altre fesserie di copertura.
Stiamo parlando dei pizzini di Lavitola, delle confessioni di De Gregorio, delle parole di Tarantini, di un gorgo senza fine di procedimenti penali che si moltiplicano perché emergono ogni giorno reati commessi per coprire altri reati, come le pressioni sulla diplomazia cinese per nascondere le carte sulla frode fiscale, come i soldi e le ‘utilità’ ai testimoni del Rubygate perchè mentissero e smentissero le loro stesse intercettazioni e le loro celle telefoniche.
Di questo si tratta, ormai: di un precipizio che può portare prima o poi un giudice a mandargli i carabinieri a casa per evitare che inquini ulteriormente le prove (è di corruzione giudiziaria che è accusato a Bari) o che scappi all’estero (come sempre piu amici gli suggeriscono, gli basta salire su un suo aereo privato e decollare, non deve certo passare i controlli a Linate come noi comuni mortali).
Ora, che l’arresto di B. sia uno scenario scioccante è comprensibile e i primi ad averne paura sono quelli che gli si proclamano avversari o competitori, timorosi di farne un martire e di pomparne quindi il consenso.
Ma qui si ritorna al punto di partenza: se questo è uno Stato di diritto, se la legge è uguale per tutti, il cittadino Berlusconi andrà o non andrà arrestato secondo la legge e senza alcuna differenza rispetto agli altri cittadini, né in un senso né in un altro. Per quanto ora sia un tabù di cui ipocritamente nessuno parla anche se a questo che tutti pensano.

lunedì 9 settembre 2013

IL DILEMMA DEL PREGIUDICATO DI ARCORE

Ci sono due immagini di Silvio Berlusconi degli ultimi giorni che raccontano meglio di ogni retroscena lo stato di «disperazione» del Cavaliere, rinchiuso nella sua villa di Arcore in attesa che lunedì la giunta per le immunità decida sul suo ormai scontato addio alla politica italiana. Due immagini che rappresentano l’indecisione, il panico, la sospensione tra falchi e colombe del Pdl, propria di un leader politico che non ha ancora preso una decisione sul da farsi da qui a domenica: staccare la spina al governo Letta o continuare a sostenerlo.
La prima istantanea che dovrebbe far riflettere è quella che lo ritrare con il leader dei Radicali Marco Pannella per il voto ai referendum: un Berlusconi un po’ «stralunato» che invita i suoi elettori ad abolire diverse leggi approvate durante i suoi governi. La seconda è quella con la fidanzata Francesca Pascale e il cane Dudù sul divano di villa San Martino. Volto sofferente, quasi «costretto» in posizioni plastiche lontane anni luce dai bagni di folla o dai comizi che gli hanno fatto governare l’Italia per quasi vent’anni: è l’immagine dell’eclissi di un leader.
Chi lo ha visto negli ultimi giorni racconta di un Berlusconi che da troppo tempo non sa più a che santo votarsi. Che parla con tutti, si arrabbia, cambia idea in continuazione. Tra alti e bassi di umore. Tra chiedere la grazia e non chiederla. Tra chiedere a Marina Berlusconi di lanciarsi in politica, ma anche di non farlo. Tra chi lo invita, come Fedele Confalonieri o Ennio Doris, a riflettere sulle sue aziende che potrebbero essere stritolate dopo una crisi di governo, e chi invece gli chiede di forzare la mano.
Appena sabato annunciava di non voler far cadere il governo Letta. Poi la giravolta di mercoledì quando fa trapelare che tra due giorni, cioè venerdì, i ministri del Popolo della Libertà potrebbero dimettersi dall’esecutivo nel caso in cui il Partito Democratico votasse per la sua decadenza da senatore. Le avvisaglie di crisi sono iniziate subito a filtrare tra i parlamentari. Tra chi asseconda le istanze bellicose e chi invece chiede ancora tempo, almeno fino a lunedì.
E se Altero Matteoli all’uscita dalla riunione dei senatori pidiellini a palazzo Madama spiegava «che se decade Berlusconi cade anche il governo Letta», è toccato alla colomba Maurizio Lupi, ministro per le Infrastrutture, ribadire che da parte del Pdl «non c’è nessuna minaccia. Pur avendola votata, i dubbi sulla costituzionalità della legge Severino possono esserci e sono legittimi. Noi abbiamo con forza espresso una posizione, richiamando alla responsabilità il Pd. Non è un ricatto ma è un invito ad un’assunzione di responsabilita».
Il problema è che Berlusconi si trova in un vicolo cieco tanto che Enrico Letta appare più che mai tranquillo: «La mia testa è concentrata sugli obiettivi di medio-lunge termine» spiega. «È l’unico modo per lavorare e non lasciarsi distrarre dalle turbolenze del momento che in parte sono legate a questioni estranee al governo, come accade fra le altre cose con i problemi giudiziari di Silvio Berlusconi». Lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche se irritato dalla situazione, almeno secondo diversi interlocutori, tace ben sapendo che resisterà con le unghie alla caduta del governo che lui stesso ha voluto.
Del resto, tra le priorità del Capo dello Stato, c’è la modifica della Legge Elettorale. Chi lo conosce spiega che «Napolitano non vuole sciogliere le Camere se prima non sarà modificato il porcellum», tassativo. E soprattutto che c’è una crisi economica mai finita e il semestre in Europa a guida italiana a bloccare ogni possibile avvisaglia di elezioni. E per essere ancora più chiari, Gianni Cuperlo, rivale di Matteo Renzi al prossimo congresso del Partito Democratico, ha già fatto sapere che nel caso in cui cadesse il governo ci potrebbe essere una nuova maggioranza. Per intenderci, quei quattro nuovi senatori a vita da poco eletti, nemmeno applauditi dal Pdl al loro insediamento al Senato, potrebbero essere solo «la prima gamba» su cui costruire il nuovo Letta bis.
Il punto però è che Berlusconi sta pensando alle elezioni. O comunque i falchi come Daniela Santanchè o Micaela Biancofiore continuano a spronarlo in quella direzione, facendo breccia in un leader confuso, che vede avvicinarsi il baratro finale. La disperazione che potrebbe vincere sul calcolo razionale. C’è persino chi gli consiglia di cavalcare elettoralmente la decadenza da senatore e soprattutto l’interdizione dai pubblici uffici che gli pioverà addosso a ottobre. La data ultima per possibili elezioni a novembre e dicembre sarebbe il 15 ottobre, quando Letta ha annunciato il varo della nuova legge di stabilità. Coincidenze? Non si sa. Sta di fatto che la tensione inizia a farsi palpabile, si ballerà per qualche settimana, ma alla fine, come sussurrano le colombe, «non succederà nulla». Perché Berlusconi, come dice Dario Franceschini del Pd, «è finito». Sarà davvero così?

domenica 1 settembre 2013

LE BOMBE PACIFICHE

Hanno catarreristiche tecniche diverse da quelle del passato. Si sa da subito chi vincerà. Sono veloci nella fase militare ed eterne nella ricostruzione della pace.La guerra umanitaria che ha il brevetto sul nome è quella dei bombardamenti Nato sulla Jugoslavia di Milosevic. È il 1999 e da Washington e Bruxelles ci dicono che è per difendere la minoranza albanese della provincia serba del Kosovo. Roma zelante ripete la lezione. Balla sovranazionale, con la Serbia che alla fine perde un pezzo del proprio territorio e l’Europa che ci guadagna solo un nuovo staterello attaccabrighe, nuova isola della Tortuga. Dopo l’avventura che il mondo continua a pagare cash con elefantiache e sterili missioni internazionali, quella motivazione alla guerra perde fascino e credibilità. Da allora si tenta di legittimare altre azioni militari internazionali come “ingerenza umanitaria”, ma lo slogan è bocciato sul nascere dagli addetti al marketing dell’idealpolitik. Troppo evidente pubblicità ingannevole.
Le guerre umanitarie, hanno caratteristiche tecniche che le distinguono da tutte quelle del passato. Si sa da subito chi vincerà. Squilibrio di forze poderoso, altrimenti neppure ci si proverebbe. Sono veloci nella fase militare e sono eterne nella ricostruzione della pace del cessate il fuoco che viene gabellato come pace. Quelle guerre impongono l’uso di ordigni sempre intelligenti, che ammazzano i civili nel tentativo di risparmiare i soldati. “Opzione zero” viene chiamata. Tradotto: zero morti per chi decide il conflitto e zero umanità nei confronti di chi lo subisce. Per perfezionare il meccanismo delle guerre umanitarie resta un problema da risolvere: individuare e catalogare i pochi buoni da soccorrere e i molti cattivi da punire. Prima o poi scoppierà una guerra anche per questo. Cruise e Tomahawk non sanno distinguere.
Anche a raccontarle, quelle umanitarie sono guerre difficili. Guerre da vendere, da mettere sotto i riflettori a tutti i costi ma senza mostrare nulla. L’ultimo Iraq ne è l’emblema. Guerra da offrire in pasto all’opinione pubblica attraverso insistita e acconcia esposizione dell’attacco meritorio. Il conflitto armato, se abbastanza televisivo, fa ascolto, e il macello si trasforma in ore di televisione a basso costo, da spalmare su tutto il palinsesto. In un pindarico contraddittorio che insegue le emozioni e perde per strada la notizia, o almeno l’obbligo di verificarla. È la guerra dei forse, dei sembra, dei si dice. La guerra è materia giornalistica da maneggiare con prudenza, sempre. E quella umanitaria, che millanta di ammazzare soltanto un po’ e quasi chiede scusa, pretenderebbe una cronaca in toni composti. Da funerale di stato.