martedì 28 dicembre 2010

IL GENIALE SACCONI

Riporto qui di seguito un intervista al ministro del Welfare Sacconi, con il quale non sono per niente d'accordo.
Il ministro del Welfare ritiene che i ragazzi paghino il conto di cattivi maestri: "Li portano a competenze che non sono richieste dal mercato del lavoro". Necessario rivalutare il lavoro manuale
ROMA - Una delle cause della disoccupazione giovanile in Italia? Avere 'cattivi maestri' e 'cattivi genitori'. Lo sostiene il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, secondo cui è necessario rivalutare il "lavoro manuale, l'istruzione tecnica e professionale evitando che una scelta liceale sia fatta per sola convenzione sociale e magari non vedendo che un govane ha l'intelligenza nelle mani".
I giovani, ha detto Sacconi parlando su Radio Rai 1, "sono certamente particolarmente esposti alla disoccupazione soprattutto perché pagano il conto di cattivi maestri e qualche volta di cattivi genitori, perché distratti e cattivi maestri che li hanno condotti a competenze che non sono richieste dal mercato del lavoro".
Per il ministro la risposta "fondamentale" non può che essere "quella dell'investimento nelle conoscenze, nelle competenze, dalla scuola all'università, alla formazione che si deve realizzare in particolare dalla scuola al lavoro. L'orientamento delle scelte educative è un momento importantissimo. Noi cerchiamo di aiutarlo rafforzando le informazioni sul mercato del lavoro, un programma che realizziamo con le camere di commercio e che a regime ogni tre mesi su base provinciale darà informazioni sulle competenze attualmente e prospetticamente chieste dal mercato del lavoro".







mercoledì 1 dicembre 2010

IL PUPAZZO DI PUTIN

Intervistato sulle rivelazioni di Wikileaks riguardanti feste e festini,“il miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni” ha dichiarato che “non bisogna guardare alle dichiarazioni di funzionari di terzo o di quarto grado che poi alla fine riportano quello che leggono sui giornali di sinistra”.
Secondo il New York Times del 28 Novembre, Putin e “Il Miglior Presidente Del Consiglio Degli Ultimi 150 Anni”(da ora in avanti, in codice, IMPDCDU150A) formano una “alleanza intrigante” si scambiano regaloni e fanno affari tramite un “ombroso” intermediario che parla il russo.I diplomatici di via Veneto scrivono che IMPDCDU150A “appears increasingly to be the mouthpiece of Putin”.
Insomma secondo quei “funzionari di terzo e quarto grado” dell’ambasciata Usa IMPDCDU150A è più un pupazzo che un portavoce, ma che volete, questa è solo l’opinione di “funzionari di terzo e quarto grado” dell’Ambasciata Usa.
Suddetti funzionari di terzo e quarto grado non fanno feste di notte e, svegli, di giorno:
1. Leggono giornali di sinistra
2. sono imbeccati dalle gazzette comuniste
3. credono alle toghe rosse
4. complottano contro l’Italia
5. fanno crollare il prezzo dei BTP
6. fanno crollare la scuola dei gladiatori
7. danno ordine al consolato Usa di Napoli di gettare munnezza per strada
8. imbeccano il New York Times che è imbeccato da El Pais che è imbeccato da Repubblica che è imbeccata da De Benedetti
9. credono alle prostitute che non si sa da chi siano pagate
10. definiscono IMPDCDU150A come il pupazzo di un macho comunista (Putin, l’alpha dog) che ha lavorato come spia per l’Unione (non quella del Mortadella, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche).
In chiusura potrei citare Ennio Flaiano (‘la situazione è grave ma non è seria’) ma preferisco un Roberto Benigni d’annata: “stanno distruggendo l’Italia ma ci si diverte un sacco“.

lunedì 22 novembre 2010

SAVIANO NON SI ERA PROPRIO SBAGLIATO...

Secondo il Viminale, il Nord è la zona d'Italia nella quale si registra la maggiore infiltrazione mafiosa nel sistema economico, ed è la parte del Paese nella quale c'è il maggior vuoto di organico delle forze di polizia impegnate "nel controllo del territorio": mancano circa 7.000 unità fra polizia carabinieri e guardia di finanza a fronte di un deficit di 4500 unità al Centro e di 3700 al Sud. Questi dati riservati del ministero dell'Interno sono oggi una ulteriore conferma di quanto denunciato nei giorni scorsi dallo scrittore Roberto Saviano secondo il quale "non c'è nessuna strategia per contrastare il dilagare dell'imprenditoria mafiosa che investe i suoi capitali soprattutto al Nord". Ecco la mappa dell'infiltrazione mafiosa nel tessuto finanziario imprenditoriale italiano che emerge incrociando i dati dei reati di riciclaggio di denaro sporco con la carenza di organico delle forze dell'ordine dedicate all'attività di contrasto alla criminalità.
Nella classifica delle Regioni, è la Campania al primo posto per riciclaggio (850 indagini negli ultimi 5 anni). Ma è la Lombardia, seconda con 800 reati, ad avere il record negativo del maggior vuoto di organico delle forze dell'ordine. Nella Regione del ministro dell'Interno Roberto Maroni mancano infatti complessivamente 2100 addetti alla sicurezza, in particolare 900 finanzieri che sono i militari
Al terzo posto per numero di reati di riciclaggio c'è il Lazio (740) Regione che ha la maggior carenza di poliziotti e carabinieri (2000),
L'altra regione con maggior carenza di organico di agenti è il Piemonte dove ci sono stati in 5 anni 300 episodi di riciclaggio: qui mancano 1500 fra polizia e carabinieri, e 480 finanzieri. In Liguria dove nell'ultimo quinquennio il riciclaggio è stato individuato 460 volte, le "fiamme gialle" che mancano all'appello sono 320, 700 gli agenti e i militari dell'Arma. Difficile la situazione anche nel Veneto leghista dove i reati di riciclaggio negli ultimi 5 anni sono stati 220, il vuoto di organico delle forze dell'ordine ammonta a 750 poliziotti e carabinieri, e 460 finanzieri.
Con questi dati si può dire che al Nord è concentrato quasi il 50 per cento della carenza di organico delle forze di polizia dell'Italia.. L'infiltrazione mafiosa nel mondo economico si individua solo attraverso sofisticate indagini di polizia giudiziaria per fare le quali occorrono uomini e investimenti,  mentre in questi ultimi anni non ci sono stati né investimenti in mezzi e strumenti idonei al contrasto dei reati finanziari, né assunzioni di personale tali da far fronte ai gravi vuoti della pianta organica degli agenti. È grave che in Lombardia, sede della Borsa italiana, manchino 1200 fra poliziotti e carabinieri, ma soprattutto quasi mille finanzieri negli uffici operativi nei quali si perseguono, in particolare, l'evasione fiscale e il riciclaggio di denaro mafioso.
Pertanto alla luce di questi dati la denuncia di Saviano, magari non propriamente ortodossa nei metodi, è comunque veritiera e mette in rilievo un problema reale che molti non hanno mai segnalato e approfondito, alla faccia delle rassicurazioni in parte vere e in parte propagandistiche del minstro sceriffo Maroni.



venerdì 5 novembre 2010

BERLUSCONI NON MI HA DELUSO

In effetti è proprio così.
Non mi ha mai raggirato né imbrogliato.
Non è riuscito, neanche una volta e per quanto si sforzasse, a beffarmi.
Non ce la fece ai tempi delle sue prime apparizioni in TV - sto parlando dei tempi delle prime emittenti private con coperture poco più che regionali – né quando, usando tutti gli stratagemmi possibili, si travestì da politico statista.
A vista, affidandomi alla mia prima impressione, compresi che, con quella persona, non avrei potuto condividere neanche una panchina al parco pubblico.
Certo, qualcuno obietterà che non si possono fondare giudizi sulle suggestioni e questo è giusto ma, almeno per quell’occasione, l’istinto o la “suggestione” mi procurarono le informazioni più adeguate per osservare il personaggio sotto la più nitida delle luci.
Da lì in avanti, ebbi modo di ascoltare o leggere dichiarazioni o riflessioni di personalità, le quali, avendolo dovuto avvicinare per diversi motivi, lo conobbero e, inconsapevolmente, confermarono la mia precoce diffidenza ( vedi Enrico Cuccia e Indro Montanelli).
Strada facendo, al mutante Berlusconi , si addossarono altri rilievi mossi da ancora altre personalità: elencarle ora, sarebbe troppo lungo e forse, ormai, inutile.
D’altra parte, certi nomi dovrebbero esservi noti o, quantomeno, potreste ricavarli tra quelli che si son fatti sedurre dall’iniziale idea di poter racimolare qualche rimasuglio di potere avanzato nel trogolo della porcilaia a cui, in molti, ancora oggi, con ogni mezzo, tentano di avvicinarsi.
Oh, certo, molti di questi oggi sono delusi, amareggiati. Qualcuno, come Guzzanti padre, sembra addirittura essersi trasformato nel peggior inquisitore di Berlusconi : lo analizza, lo squadra e ce lo rivela nelle sue diverse sfaccettature psicologiche.
Ma, diversamente dall’opinione che in molti si affannano a diffondere sull’agire del premier, discettando sul come e sul perchè di certi atteggiamenti e dichiarazioni, credo che, ad oggi, Berlusconi Silvio, coerentemente con il suo essere, abbia dato il meglio di sé.
Sono convinto che abbia interpretato alla perfezione il ruolo che si è dato sin dalla prima ora della sua ascesa nel panorama politico italiano, ossia, la palude nella quale ristagna l’aria più mefitica d’Europa.
Dai tempi di “colpo grosso” (inventato dal suo attuale ministro dello sviluppo, Paolo Romani n.d.r) quando, con il citato programma, iniziò ad inoculare il “velinismo” nel popolo dei telespettatori meno avvertiti e, probabilmente, più repressi, il soggetto non smise mai d’ungere il video con la sua immagine plastificata, d’ammorbare e imbarazzare qualsiasi forma d’intelligenza con le insipide barzellette (mod. W.C. da IV classe elementare), di rendere risibile agli occhi di qualunque abitante civilizzato del mondo questo nostro, disgraziato e triste Paese, a lui sottomesso.
Non l’ho mai votato né sostenuto e, per dirla tutta, non l’ho neanche mai odiato. No, non mi ha deluso, anzi, si è superato rispetto a quanto mi aspettassi dalla mia personalissima e negativa, mai mutata, prima impressione.
Perciò, non riesco a trovare, da nessuna parte, in nessun contesto un qualsiasi, valido motivo per dichiararmi deluso.
Ora, però, ho un dubbio e mi chiedo: ma io, semplice, singolo e marginale cittadino-telespettatore, come ho potuto comprendere sin dal primo momento, seppure istintivamente, di quale pasta fosse fatto cotal figuro? Come mai i “soloni” (ogni accezione compresa) della politica che gli spalancarono le porte con l’inciucio apocalittico della “bicamerale” (confessato qui) non si accorsero, da subito, della personalità del soggetto? Sono davvero questi “signori” tanto sprovveduti? Oppure sono solo delle comparse al servizio di altri poteri? Di quale credibilità vorrebbero ancora ammantarsi?



venerdì 29 ottobre 2010

ANALISI DEL LAVORO

Il  parametro più importante per spiegare la qualità di vita della popolazione adulta è il lavoro. Gli studi scientifici hanno dimostrato che la variabile più importante per spiegare la longevità dei cittadini è il tipo di lavoro che fanno. Migliore è la qualità del lavoro (cioè, maggiore è la possibilità di dimostrare nel proprio posto di lavoro la creatività che l’intero essere umano possiede, maggiore è il controllo del suo ambiente lavorativo e delle sue condizioni di lavoro e maggiore la soddisfazione per il suo lavoro), maggiore sarà il numero di anni di vita di un cittadino. In realtà, il lavoro rappresenta le 24 ore della giornata, e non solo le otto ore della giornata lavorativa. E il punto più debole delle nostre società è che, per la maggior parte delle persone che lavorano, il lavoro non è, in sé, un mezzo di divertimento, creatività e soddisfazione, ma un semplice strumento per raggiungere i mezzi –soldi- affinché quell’ individuo si senta realizzato nel mondo del consumo.
La società dei consumi fa diventare il mondo lavorativo un semplice strumento per poter consumare.
Quello che la persona ha (il consumo) dipende da quello che fa (il lavoro). Quindi, la gente comune, nella grande saggezza che le dà la sua esperienza quotidiana, quando vuole sapere di una persona, dopo averle chiesto il suo nome, solitamente chiede: “E Lei, che lavoro fa?”. E quando le viene data la risposta a questa domanda conosce già molto dell’altra persona, compreso il livello di consumo, il tipo di abitazione che ha e il tipo di vicinato dove abita, così come il suo stile di vita e così via.
Ma il lavoro non è soltanto un bene individuale, ma anche collettivo. Cioè, quante più persone lavorano (e con un buon lavoro), maggiore ricchezza risiede in un paese. In realtà, il fatto che in Spagna siamo meno ricchi della maggioranza dei paesi dell'Europa è dovuto al fatto che rispetto a loro abbiamo meno persone occupate. Tuttavia, per avere un buon lavoro  bisogna prima avere un lavoro. E questo non c’è in abbondanza. Ed è lì che comincia il problema. Se tutte queste persone che desiderano avere un lavoro riuscissero a trovarlo e ci fosse la piena occupazione, la domanda non sarebbe solo di lavoro, ma di buon lavoro. Un buon lavoro sarebbe l’obiettivo principale della maggior parte della popolazione adulta. Ma quando c’è tanta disoccupazione, le domande diminuiscono e si chiede lavoro e basta.
La disoccupazione, tuttavia, si dà quando c’è meno offerta lavorativa di quella che desidera la popolazione che cerca lavoro. E questo può rispondere a diverse ragioni. Una è che l’economia è ferma e non c’è sufficiente domanda di prodotti e servizi, quindi le aziende diminuiscono la loro produzione e licenziano i loro lavoratori. Questo è quello che sta accadendo adesso. Ma oltre a questo ci sono delle cause strutturali che esistono da molti anni. Una è il cambiamento tecnologico, che consente a un lavoratore di fare ciò che prima facevano in venti. Un’altra è lo spostamento delle aziende in altri paesi, dove si portano anche i posti di lavoro. E un’altra ancora è l’immigrazione, che aumenta la quantità della popolazione in cerca di lavoro. Ognuna di queste cause strutturali può variare a seconda delle decisioni politiche.
Un altro modo per ridurre la disoccupazione, su cui non si sta indagando così tanto come su quelli precedenti, è aumentare l’offerta lavorativa riducendo il numero di ore lavorate. Questo è infatti quello che fece l’Amministrazione Roosevelt con il New Deal, quando la disoccupazione aumentò notevolmente durante la Grande Recessione. Nel 1940 Roosevelt emanò una legge che stabiliva la settimana lavorativa di cinque giorni, quando prima era di sei giorni. Questo cambiamento fu molto importante, e non solo aumentò la qualità di vita della popolazione lavorativa (e quella delle sue famiglie), ma aumentò in modo significativo l’offerta lavorativa. Da qui che una misura di grande efficienza per creare lavoro sarebbe quella di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni, cambiamento che, ovviamente, dovrebbe essere fatto lentamente senza alterare negativamente la produzione di beni e servizi. È probabile che i benefici aziendali inizialmente si riducano, il che spiega l’enorme opposizione del mondo aziendale a questa misura. In realtà, la sua ultima domanda, proposta per la Commissione Europea, di sensibilità neoliberale, era quella di aumentare la settimana lavorativa dalle 48 alle 65 ore.
I redditi di lavoro comunque, aumenterebbero, e questo dal punto di vista dell’efficienza economica è un esito positivo, perché una parte del problema finanziario ed economico è basato sull’eccessiva polarizzazione dei redditi, con un’enorme esuberanza dei benefici del capitale con conseguente riduzione dei benefici del lavoro.  L’enorme aumento della produttività che si è avuto durante il XX secolo nella maggior parte dei paesi dell’OCSE  ha portato maggiori benefici ai redditi di capitale che ai redditi di lavoro . Da lì, l’importanza di invertire questo fatto, sia per ragioni di equità che di efficienza economica!

domenica 10 ottobre 2010

La Guerra ed i morti in Afghanistan

La guerra in Afghanistan ci ha restituito oggi i corpi senza vita di altri quattro soldati italiani. Quanti ne dovranno morire ancora prima che la politica si assuma la responsabilità di mettere fine a questa assurda tragedia?

Quanto sangue dovrà ancora scorrere prima che il Parlamento italiano decida di discutere apertamente e onestamente della guerra in Afghanistan e di tirar fuori l’Italia da questo disastro?

Quante bare si dovranno allineare davanti ai nostri occhi per spingere la Rai ad organizzare un serio dibattito sulla guerra in Afganistan? Quando il nostro servizio pubblico radiotelevisivo aiuterà gli italiani a capire cosa è accaduto, cosa sta succedendo e come si può fare per evitare altri morti? Quando succederà che a prendere la parola verranno invitati anche i costruttori di pace e non solo i soliti noti?

I nostri giovani soldati muoiono perché il governo continua a scaricare sui militari il compito di risolvere un problema enorme che i militari non hanno nessuna possibilità di risolvere. Per quanto ancora dovremo sopportare questo scempio?

Per questo, mentre ci uniamo al dolore straziante dei familiari di Gianmarco Manca, Marco Pedone, Sebastiano Ville, Francesco Vannozzi chiediamo ancora una volta all’Italia di abbandonare la via fallimentare e inconcludente della guerra e impegnarsi a costruire un’alternativa politica a questo inutile massacro di innocenti, di verità e di legalità.

A mio parere l’exit strategy esiste: dobbiamo passare dall’impegno militare ad un impegno politico e civile a fianco delle popolazioni vittime decennali della guerra, dell’oppressione e della miseria. Dobbiamo sostenere la società civile afgana che s’impegna per il rispetto dei diritti umani, la ricostruzione e la riconciliazione (la più importante leva della democrazia in Afghanistan). Dobbiamo aumentare decisamente gli interventi di cooperazione con l’obiettivo di rispondere ai bisogni vitali della popolazione.

domenica 26 settembre 2010

PREMIATA SPAZZATURA FELTRI-BELPIETRO

Nella nostra democrazia malata, ognuno personaggio in scena gioca un ruolo ben definito.

Tra politici, politicanti, escort, nani e ballerine ne spiccano due per servilismo e scarsezza di doti morali.

Entrambi rispondo a due illustri padroni e per loro portano avanti qualsiasi battaglia.

Uno si chiama Vittorio Feltri ed è pagato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l’altro è Maurizio Belpietro al soldo del senatore del PdL Antonio Angelucci.

Non dobbiamo dimenticarci che “Libero” giornale di cui è direttore Belpietro prende anche ingenti finanziamenti pubblici destinati ai quotidiani.

Il compito dei due sicari Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro è quello di produrre tonnellate di fango da spargere su coloro che non si allineano al pensiero unico berlusconiano.

Chiarissimo esempio del loro infimo compito è apparso chiaro negli ultimi mesi quando Gianfranco Fini stanco dei modi dittatoriali di Silvio Berlusconi ha deciso di abbandonare il partito che aveva contribuito a creare, il PdL.

Da allora i due avvoltoi Feltri e Belpietro hanno incominciato a volare intorno alla vita privata del Presidente della Camera cercando di portare alla luce vicende che ne potessero screditate l’immagine.

Con questo obiettivo hanno impiegato tutte le loro energie e tutto l’inchiostro delle loro penne per produrre un documentazione infinita che dimostrerebbe la cattiva condotta del Presidente della Camera, nella vicende della compravendita dell’appartamento di Montecarlo.

Dinanzi alla mancanza di prove, di testimonianze attendibili e di riscontri i due produttori di fango hanno incominciato a creare una serie di dossier falsi che hanno come unico obiettivo quello di lesionare l’integrità morale del Presidente della Camera ed conseguentemente di intimidirlo, affinché desista dalla strada che ha intrapreso.

Invitiamo i due direttori Feltri e Belpietro , di cercare come gli altri esseri umani di far uso della spina dorsale, tentando di tenere la schiena dritta anche dinanzi all’ingombrante peso berlusconiano.

E Allo stesso tempo consigliamo a entrambi di tornare alle origini, e di ridiventare cronisti quali un tempo sono stati. Invece di poltrire nel chiuso dei loro studi, dietro una polverosa scrivania perché non incominciano a realizzare vere inchieste da reporter?

Perché non si recano nel sud Italia a scoprire le collusioni dello Stato con la malavita organizzata? Perché non documentano gli sfaceli delle politiche leghiste nel nord del Paese?

Sappiamo che tutte le nostre domande rimarranno inevase.

Speriamo però che lo sgretolamento del potere Berlusconiano in corso, spazzi via anche i due sicari, Feltri e Belpietro.

mercoledì 1 settembre 2010

UN AUTUNNO DIFFICILE

Come abbiamo già avuto modo di constatare, molte famiglie italiane quest’anno non si sono potute permettere neanche le classiche vacanze estive a causa della crisi e delle numerose difficoltà economiche con cui si ritrovano attualmente a dover fare i conti e dal 2007 al 2010 il potere di acquisto delle famiglie italiane si è ridotto del 9%.
Si tratta di un dato ulteriormente sconcertante a fronte dei nuovi aumenti di prezzi e tariffe che sono in arrivo.
Dalle analisi dell’Osservatorio Nazionale, infatti, la crescita dei prezzi per il 2010 comporterà per le famiglie italiane un aggravio di ben 1.118 euro rispetto allo scorso anno.
A pesare saranno i rincari di quasi tutte le voci del budget familiare, dall’Rc auto al riscaldamento, dalle tariffe del gas ai biglietti aerei: aumenti che, in generale, si inquadrano nel più ampio capitolo di spesa delle famiglie, che nella ripresa autunnale dovranno fare i conti anche con costi scolastici quasi probitivi (i prezzi dei libri registreranno un’ulteriore crescita in media del 5%). Per fare solo qualche esempio pratico, l’assicurazione auto aumenterà di 160 euro, le tariffe del gas di 100 euro, quelle autostradali di 60 e quelle aeree/aeroportuali di 65; ugualmente le tariffe dei treni aumenteranno di 65 euro e quelle relative al riscaldamento di 140; le tariffe dei rifiuti subiranno un aumento di 38 euro e quelle dell’acqua di 19.
Si tratta cioè inevitabilmente di un nuovo abbattimento del potere di acquisto delle famiglie, già duramente provato dalla grave crisi che il Paese sta attraversando ormai da molto tempo, e dalle manovre economiche inique e sbagliate messe in campo dal Governo; non è poi da dimenticare il continuo aumento del tasso di disoccupazione e la conseguente contrazione dei consumi, arrivata perfino a manifestarsi attraverso la diminuzione in quantità ed in qualità del consumo alimentare.
Di fronte a questa situazione bisognerebbe correre ai ripari, partendo dal rilancio della domanda interna attraverso un aumento del potere di acquisto delle famiglie a reddito fisso. Per fare ciò sarebbe indispensabile agire con determinazione, avviando un processo di detassazione per le famiglie a reddito fisso ed operando un vero e proprio blocco di prezzi e tariffe.
I nostri politici, invece di cercare di risolvere la drammatica situazione economica del Paese, continuano ad esser fotografati mentre prendono il sole nelle loro ville extra lusso; alla faccia degli italiani sempre più pallidi e squattrinati.

lunedì 9 agosto 2010

LE "FAVOLE" MAI RACCONTATE

Che ci sia qualcosa di poco chiaro nelle vicende monegasche di An è ormai chiaro, ma proprio per verificarne la sussistenza esiste un apposito potere dello Stato, la magistratura. Siccome di soldi pubblici ne buttiamo nel cesso già abbastanza, sul caso specifico ci sembra giusto lasciare lavorare i pm, gli unici che devono verificare le responsabilità penali ed, eventualmente, chiamare in causa Gianfranco Fini. Allo stesso modo è giusto che i giornalisti, se non si ritengono soddisfatti della lunga nota del Presidente della Camera e possono smentirla anche solo in una virgola, vadano avanti nella loro battaglia per la trasparenza. Detto questo, non possiamo passare sotto silenzio l’ennesimo atto di squadrismo messo in piedi dal regime berlusconiano.

Oggi tocca a Fini, svariate volte nel passato più o meno recente è stata la volta di Di Pietro, ad ottobre c’era il giudice Mesiano, tra fine agosto e i primi di settembre – subito dopo il direttore dell’Avvenire Dino Boffo e quello di Repubblica Ezio Mauro – è stato di nuovo Fini: stiamo parlando delle campagne stampa messe in piedi dagli house organs controllati tutti più o meno indirettamente dal Cavaliere. Delle campagne giornalistiche che un marziano che non sapesse nulla dell’Italia IN TEORIA potrebbe trovare giustissime (a parte il servizietto gentilmente riservato a Mesiano, di gusto semplicemente mafioso-piduista, come abbiamo già avuto modo di scrivere) in quanto – sempre IN TEORIA – volte a chiedere spiegazioni a personaggi pubblici per garantirne la trasparenza, nessuna IN PRATICA si è mai svincolata dai desiderata dell’«utilizzatore finale», sempre lui, Silvio Berlusconi.

Tutte infatti sono nate da una sua necessità, decisamente poco democratica: manganellare l’avversario di turno. Di Pietro con la sua ferma opposizione al regime arriva a raddoppiare i voti? Eccoti gli scoop (sempre quelli, periodici, ad orologeria) sui suoi affari immobiliari di Libero e Il Giornale e, con il concorso esterno del sempre più ottimo (scusate la grammatica) Corriere della Sera, la foto con Contrada; Mesiano condanna la Fininvest a versare alla Cir di De Benedetti un risarcimento di 750 milioni di euro per il lodo Mondadori? Tranquilli, basta far vedere a Mattino5 i suoi calzini turchesi facendolo passare per un pazzo e il gioco è fatto; Boffo dal suo giornale critica sommessamente il premier puttaniere ma allo stesso tempo difensore dei valori cattolici? Feltri estrae dal cilindro una vecchia storiaccia di molestie telefoniche, additandolo come un omosessuale, portandolo alle dimissioni. Repubblica martella Berlusconi con le domande sbagliate, quelle su Noemi? Ancora Feltri svela che il suo direttore ha pagato una casa in nero.

Ora tocca a Fini, già nel mirino del randellatore ufficiale Feltri (il 14 settembre, dopo le sue uscite per smarcarsi dal Pdl, il direttore del quotidiano di via Negri se ne esce con un avvertimento di stampo dellutriano: «Delegare i magistrati a far giustizia politica è un rischio. Specialmente se le inchieste giudiziarie si basano sui teoremi. Perché oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente, per dire, ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza Nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme»).

Dopo la rottura ufficiale e la creazione di Futuro e Libertà, ecco l’inchiesta giornalistica sulla casa monegasca di An, passata al fratello della seconda moglie di Fini. Il pressing congiunto di Libero e Il Giornale ha portato all’apertura di un fascicolo da parte della procura di Roma, per ora contro ignoti. Ribadiamo: la questione va certamente chiarita ed è giusto che i cronisti pongano le domande ai politici. Però non si può far passare per giornalismo questo manganellamento sistematico, soprattutto se l’«utilizzatore finale» diretto di queste campagne – sì, sempre lui – rappresenta tutto, tranne la trasparenza. Scendendo nello specifico, parlando del caso odierno, è più grave che una casa ereditata da un partito finisca dopo svariati passaggi al cognato di quello che all’epoca era il leader del movimento politico o che un imprenditore rampante per acquistare la sua futura favolosa dimora si avvalga del pro-tutore della legittima proprietaria della villa per turlupinarla? È il momento di una favola.

C’era una volta, nel 1974, un rampante imprenditore che aveva messo gli occhi su villa San Martino di Arcore, valutata all’epoca 1.700 milioni di lire. Il giovane, allora naturalmente cappelluto, riuscì ad acquistarla per 250 milioni. L’incantesimo fu possibile grazie al sempre apposito Cesare Previti – quello che successivamente, entrato ufficialmente alle dipendenze dell’ormai semplice prenditore, si comprò coi suoi soldi il giudice Metta nel sopra citato lodo Mondadori –, allora protutore della proprietaria, la marchesina Annamaria Casati Stampa, ancora minorenne. Il pagamento, fissato sui 500 milioni, non avvenuto in contanti bensì in azioni di alcune società immobiliari non quotate in borsa, venne dilazionato nel tempo. Ecco che allora la marchesina, ormai maggiorenne e trasferitasi in Brasile, quando tentò di monetizzare le azioni, fu costretta a cedere alla generosissima offerta del futuro Cavaliere: «Te le ricompro io, ma alla metà del loro prezzo».

Ecco, quando i vari Feltri, Belpietro, Fede, Giordano e Brachino troveranno il tempo per raccontare questa bella favola mettendo sulla graticola il Cavaliere nero con le loro martellanti domande, allora risulteranno più credibili anche con le altre inchieste. Fino a quel momento, resteranno solo dei giornalisti indipendenti. Da se stessi.

venerdì 16 luglio 2010

UN "LIBERALE PARTICOLARE"

Di settimana in settimana quello che può peggiorare lo fa. Stavolta ci tocca annotare la penultima frase del Cavaliere, quella che dice: “La libertà di stampa non è un diritto assoluto”. Frase di una sua tragica enormità. Impensabile da ascoltare oggi nella libera Europa, salvo che in certi cronicari della destra oltranzista o nella Russia autoritaria del suo amico Vladimir Putin. Figuriamoci se potrebbe mai essere detta nell’America a stelle e strisce così tanto amata dal Reuccio di Arcore, dove un paio di secoli fa, il presidente Thomas Jefferson, disse l’esatto opposto: “La nostra libertà dipende dalla libertà di stampa ed essa non può essere limitata senza che vada perduta”.
Né va sottovalutato che a pronunciarla sia quello stesso Berlusconi che un tempo si vantava di essere il baluardo della libertà, di tutte le libertà. A cominciare da quella editoriale del suo impero (nato addirittura sotto l’ala socialista e il conto corrente All Iberian) e che oggi è già ampiamente dileguata non solo da tutti i telegiornali che controlla, ma anche dalle trasmissioni quotidiane che progressivamente nascondono, distorcono, edulcorano, inventano, avvelenano la realtà, invece di raccontarla.
Un editore che si dichiara pubblicamente contro la libertà di stampa – alla stregua di un vegetariano che macella manzi - non s’era ancora visto. Come non s’era mai visto un liberale che elogia il mafioso Vittorio Mangano, insulta la magistratura, giustifica l’evasione fiscale, ostacola i processi, compra le sentenze, corrompe i testimoni, organizza festicciole nel Palazzi istituzionali.
Ma questo è lo specchio dell'Italia di oggi, e come dico sempre...ogni nazione ha i governanti che si merita!

mercoledì 14 luglio 2010

LA "CRISI GUIDATA"

L’Italia non si governa più dal Parlamento ma dai salotti altolocati. Ogni giorno che passa piombiamo sempre più nell’oscurantismo medioevale. Di cosa parlo? Della cena organizzata dal giornalista (!) Bruno Vespa che ha accolto nella sua umile dimora i rappresentanti dei poteri che dirigono l’Italia.

Il motivo ufficiale é il faccia a faccia tra Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini. Il reuccio di Arcore vorrebbe che il democristiano entrasse nella maggioranza, così da poter levare via, a calci in culo, Gianfranco Fini e tutti i finiani che militano nel Pdl. Umberto Bossi ha già fatto sapere che non é disposto ad accogliera l’Udc nella maggioranza, troppe differenze di vedute.
I commensali di prim’ordine lasciano intendere che non é stata solo questo il fine della cene del potere. Seduti al tavolo del mastro servo vi erano: il governatore di Bankitalia Mario Draghi, il segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, il presidente di Generali Cesare Geronzi, Gianni Letta e la figlia del premier Marina Berlusconi. Altre fonti parlano di un altra quindicini di ospiti che per adesso rimangono top secret....

Non manca nessuno signori. E’ un remake dalle famosa cena sul Britannia, quando le ricchezze del Bel Paese vennero svendute e sacrificate sull’altare del capitalismo. Qui si sta decidendo il destino prossimo venturo dell’Italia. Alti prelati, lobbies finanziarie, poteri politici, imprenditoriali e mafiosi, giornalisti ed editori. Bolle qualcosa di grosso in pentola. La notizia della cena del potere passa praticamente come normalissima routine “democratica” sui principali organi di informazione nazionale. Capite come funzione la giostra?

Altro che libertà di stampa, noi pensiamo al bavaglio mentre abbiamo ancora le catene, siamo nel medioevo. Il potere é roba per pochi, noi siamo solo comparse nella immensa tragedia democratica messa in scena nell’anfiteatro Italia.

Stiamo per assistere a una cosidetta crisi guidata. Salteranno poltrone e arriveranno nuovi burattini. Per cambiare il Governo e non smuovere Re Silvio non servono elezioni, sono inutili formalità, tanto il consenso degli italiani per Berlusconi e berluscolandia é ai massimi storici, no?

Il nuovo Governo é nato a casa Vespa, l’esatto opposto di una democrazia rappresentativa. Il popolo é fuori dalle stanze dei bottoni e inerme e ignorante subisce le coseguenze catastrofiche della politica nostrana. Se ancora avete dei dubbi sulla legittimità delle nostre istituzioni non so cos’altro debba succedere per smuovere i vostri culi intorpiditi e le vostre coscienze offuscate.

Una nuova DC sta spiandandosi la strada verso un altro trentennio di potere. Per Silvio Berlusconi ancora due anni a Palazzo Grazioli e poi ad attenderlo ci sarà la poltrone del Quirinale (con la reale possibilità di essere per altri 14 anni a capo dell’Italietta democristiana). Al suo posto il rampante Casini, appoggiato dal Vaticano, dai banchieri e dalla lobby dei palazzinari.

Una dittatura costruita a tavolino. Non c’é niente di meglio…!

martedì 15 giugno 2010

LA LEGGE BAVAGLIO

In questi ultimi giorni ha tenuto banco nell'agenda politica l'approvazione della cosidetta legge bavaglio sulle intercettazioni telefoniche, nata per i creatori di tale legge nello spirito di limitare gli abusi che tale metodi d'indagine può causare; in realtà mi pare che tale legge sia nata con l'ingannevole pretesto di limitare la libertà d'informazione e bloccare di fatto uno strumento d'indagine scomodo a molti....
Qui di seguito ho pubblicato un articolo di Giuseppe D'Avanzo di Repubblica, molto esplicativo e specchio del mio pensiero su questa legge truffa, vi invito a leggere e riflettere.
"L'agenda delle priorità di Silvio Berlusconi continua ad essere ad personam. Quindi, che la ricreazione continui, con buona pace di Emma Marcegaglia. Sostegno alle imprese e a chi perde il lavoro? Possono attendere. Per la bisogna sono sufficienti, al premier, un paio di bubbole nel tempio di cartapesta di Porta a porta (4 giugno): "Oggi non c'è nessuno che perdendo il lavoro non venga aiutato dallo Stato. C'è la cassa integrazione per i precari, così come per i lavoratori a progetto". Il Cavaliere diventa meno fantasioso quando si muove nel suo interesse. Teme le intercettazioni (non si sa mai, con quel che combina al telefono) e paventa le cronache come il diavolo l'acqua santa. Si muove con molta concretezza, in questi casi. Prima notizia post-elettorale, dunque: il governo impone la fiducia alla Camera e oggi sarà legge il disegno che diminuisce l'efficacia delle investigazioni, cancella il dovere della cronaca, distrugge il diritto del cittadino di essere informato. Con buona pace (anche qui) della sicurezza dei cittadini di un Paese che forma il 10 per cento del prodotto interno lordo nelle pieghe del crimine, le investigazioni ne usciranno assottigliate, impoverite. L'ascolto telefonico, ambientale, telematico da mezzo di ricerca della prova si trasforma in strumento di completamento e rafforzamento di una prova già acquisita. Un optional, per capirci. Un rosario di adempimenti, motivazioni, decisioni collegiali e nuovi carichi di lavoro diventeranno sabbia in un motore già arrugginito avvicinando la machina iustitiae al limite di saturazione che decreta l'impossibilità di celebrare il processo, un processo (appare sempre di più questo il cinico obiettivo "riformatore" del governo). Ancora. Soffocare in sessanta giorni il limite temporale degli ascolti (un'ulteriore stretta: si era parlato di tre mesi) "vanifica gli sforzi investigativi delle forze dell'ordine e degli uffici di procura", come inutilmente ha avvertito il Consiglio superiore della magistratura.
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Sistemata in questo modo l'attività d'indagine, il lavoro non poteva dirsi finito se anche l'informazione, il diritto/dovere di cronaca, non avesse pagato il suo prezzo. Con un tratto di penna la nuova legge estende il regime che oggi regola gli atti giudiziari coperti dal segreto anche agli atti non più coperti dal segreto "fino alla conclusioni delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare". Prima di questo limite "sarà vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione e degli atti delle conversazioni telefoniche anche se non più coperti dal segreto". Si potrà dire che si indaga su una clinica privata abitata da medici ossessionati dal denaro che operano i pazienti anche se non è necessario. Non si potrà dire qual è quell'inferno dei vivi e quanti e quali pasticci hanno organizzato accordandosi al telefono. Lo si potrà fare soltanto a udienza preliminare conclusa (forse). Con i tempi attuali della giustizia italiana dopo quattro o sei anni. In alcuni patologici casi, dopo dieci. Addio al giornalismo come servizio al lettore e all'opinione pubblica. Addio alle cronache che consentono di osservare da vicino come funzionano i poteri, lo Stato, i controlli, le autorità, la società. È vero, in alcuni casi l'ostinazione a raccontare le opacità del potere ha convinto il giornalismo ad andare oltre i confini del codice penale violando il segreto. È il suo mestiere, in fondo, perché la libertà di stampa è nata nell'interesse dei governati e non dei governanti e quindi non c'è nessuna ragione decorosa per non pubblicare documenti che raccontano alla pubblica opinione - ricordate un governatore della Banca d'Italia? - come un'autorità di vigilanza protegge (o non protegge) il risparmio e il mercato. Naturalmente violare la legge, anche se in nome di un dovere professionale, significa accettarne le conseguenze. È proprio sulle conseguenze di violazioni (finora comunemente accettate) che la legge del governo lascia cadere un maglio sulla libertà di stampa. I cronisti che violeranno la consegna del silenzio saranno sospesi per tre mesi dall'Ordine dei giornalisti (sarà questa la vera punizione) e subiranno una condanna penale da sei mesi a tre anni di carcere (che potrà trasformarsi in sanzione pecuniaria, però). Ma non è questo che conta davvero, mi pare. Che volete che sia una multa, se si è fatto un lavoro decente? La trovata del governo che cambia radicalmente le regole del gioco è un'altra. È la punizione economica inflitta all'editore che, per ogni "omesso controllo", potrà subire una sanzione pecuniaria (incarognita nell'ultimo testo) da 64.500 a 465mila euro. Come dire che a chi non tiene la bocca cucita su quel che sa - e che i lettori dovrebbero sapere - costerà milioni di euro all'anno la violazione della "consegna del silenzio", cifre ragguardevoli e, in molti casi, insostenibili per un settore che non è in buona salute. L'innovazione legislativa - l'abbiamo già scritto - sposta in modo subdolo e decisivo la linea del conflitto. Era esterna e impegnava alla luce del sole la redazione, l'autorità giudiziaria, i lettori. Diventa interna e vede a confronto, in una stanza chiusa, le redazioni e le proprietà editoriali. La trovata trasferisce il conflitto nel giornale. L'editore ha ora un suo interesse autonomo a far sì che il giornale non pubblichi più quelle cronache. Si portano così le proprietà a intervenire direttamente nei contenuti del lavoro redazionale. Le si sollecita, volente o nolente, a occuparsi della materia informativa vera e propria, sindacando gli atti dei giornalisti. Il governo, nel progetto inviato al Parlamento, pretende addirittura che l'editore debba adottare "misure idonee a favorire lo svolgimento dell'attività giornalistica nel rispetto della legge e a scoprire ed a eliminare tempestivamente situazioni di rischio". È evidente che solo attraverso un controllo continuativo e molto interno dell'attività giornalistica è possibile "scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio". Di fatto, l'editore viene invitato a entrare nel lavoro giornalistico e a esprimere un sindacato a propria tutela. Ecco dunque i frutti intossicati della legge che oggi sarà approvata, senza alcuna discussione, a Montecitorio: la magistratura avrà meno strumenti per proteggere il Paese dal crimine e gli individui dall'insicurezza quotidiana; si castigano i giornalisti che non tengono il becco chiuso anche se sanno come vanno le cose; si punisce l'editore spingendolo a mettere le mani nella fattura del giornale. E quel che conta di più, voi - cari lettori - non conoscerete più (se non a babbo morto) le storie che spiegano il Paese, i comportamenti degli uomini che lo governano, i dispositivi che decidono delle vostre stesse vite. Sono le nuove regole di una "ricreazione" che non finisce mai. "

giovedì 6 maggio 2010

SCAJOLA INSEGNA

Nel recente caso che vede al centro dello scandalo il ministro Scajola per la compravendita della famosa casa con vista Colosseo vi stupirò, mi schiero dalla sua parte, non tanto ovviamente per l'oscura e torbida vicenda immobiliare-finanziaria che ci stà dietro ma per le conseguenze che il ministro ha tratto da esse e cioè, di essersi dimesso e di avere tolto il disturbo così come dovrebbero fare tutti gli uomini di stato e con una responsabilità pubblica.
Vi sono tantissimi esempi di ministri, esponenti governativi che pur essendo pescati con le mani nella marmellata in fatti altrettanto gravi invocano la messa in atto di chissa quale complotto, sottraendosi alla giustizia e dicendo di essere vittima di un complotto, tutto questo ovviamente restando ben incollati alla propria poltrona.
Scajola ha fatto scuola anche all'interno del centro destra, ove le dimissioni per queste tipologia di fatti sono una perla rara ( Verdini, Bertolaso, Fitto, Cosentino non hanno affatto mollato la presa ) e sono un esempio di come un uomo di stato quando sbaglia si assume le responsabilità e si accolla le conseguenze.
Del resto in tutti i paesi europei e democratici direi che è sempre funzionato cosi...chissa mai che dopo anni e anni arriveremo anche noi a comportarci in questa maniera senza vedere nei giudici il demonio sempre e comunque.

giovedì 1 aprile 2010

CHI HA VINTO E CHI HA PERSO?

Le recenti elezioni regionali ci hanno consegnato una situazione per cui tutti i partiti si dicono essere soddisfatti del risultato o quantomeno non delusi dalla loro prestazione.
Bersani da un lato ribadisce il fatto che il centro sinistra comunque numericamente ha battuto 7 a 6 il centro destra per regioni conquistate e Berlusconi dall'altra che fa valere il fatto che il centro destra ha strappato ben 4 regioni dove prima governava la sinistra.
Ebbene a mio modo di vedere quello che si può ritenere relamente soddisfatto è proprio quest'ultimo, cioè il Cavaliere, che, unico governante in Europa, ha saputo tenere in termine di voti e non è crollato come ad esempio Sarkozy in Francia che ha pagato oltremodo la crisi che sta investendo tutto il mondo occidentale.
La cosa stupefacente è che la sinistra italiana non sia riuscita nemmeno ad intercettare, in questo momento di crisi generale, gli umori ed il sentire delle persone e del ceto medio basso lasciando ancora una volta a Berlusconi il monopolio di certe tematiche quali lavoro ed immigrazione.
La sinistra ha perso il suo elettorato ed il suo tessuto sociale, ora la classe operaia vota lega e Pdl per la gran parte, non certo Pd.
D'altro canto la sinistra ha pagato l'inefficenza totale, per non dire di peggio..., dei suoi governatori locali quali Bassolino, Loiero e Marrazzo, e giustamente hanno pagato dazio in tali regioni.
Da segnalare, oltre ovviamente la marea leghista al nord che hanno portato Cota in Piemonte e Zaia in Veneto alla vittoria, la lista di Beppe Grillo che si è permessa il lusso di contribuire a far perdere, risultando di fatto decisiva, la Bresso in Piemonte e ad avere eletti due consiglieri regionali proprio in Piemonte ed in eEmilia Romagna arrivando al 7% dei consensi.
La lista di Grillo ha saputo coagulare a se parte dei voti degli scontenti e dei disaffezionati della politica, erodendo anche voti al centrosinistra soprattutto.
Per il futuro vedremo se e come la sinistra saprà risollevarsi dall'ennesima batosta (in Lazio è riuscita a perdere nonostante alla Polverini mancasse la lista Pdl!!!) e se la Lega che ora ha in mano il Nord riuscirà a porre in atto quei cambiamenti più volte solo annunciati fin ora.

martedì 9 marzo 2010

LE REGOLE SONO UGUALI PER TUTTI?

La recente vicenda delle liste elettorali con il conseguente decreto salva liste firmato da Napolitano ha messo in luce diversi aspetti, a mio parere molto negativi, che è utile analizzare per capire il livello di degenerazione che ha raggiunto la classe politica italiana nel suo complesso.
C'è da capire se le leggi e le regole valgono per tutti oppure per i potenti e per i soliti noti del governo vi è un trattamento particolare e mi spiego meglio: se un comune cittadino si presenta ad un concorso in ritardo sull'orario previsto di inizio voi pensate venga riammesso a concorrere? Se un comune cittadino presenta la documentazione prevista per un appalto o per un qualsiasi bando pubblico fuori tempo massimo pensate voi che la sua pratica venga tenuta in considerazione? in entrambi i casi io risponderei di no! Ora vi è da capire come mai se quelli del PDL presentano le liste fuori tempo massimo essi vengono comunque salvati e riammessi con un apposita legge fatta a doc per loro. Vi è inoltre da dire che quest'ultimi hanno mostrato un incompetenza totale ed una perdita di credibilità che peserà anche sul consenso elettorale del Popolo delle Libertà alle regionali, errore madornale quindi sotto tutti gli aspetti.
Coloro che sostengono il decreto firmato da Napolitano dicono che comunque andava garantita la possibilità del voto agli elettori del PDL sia in Lombardia e sia in Lazio, allora la legge e la costituzione cui tanto Napolitano sbandiera, quasi fosse un oracolo, è carta straccia, visto che poi anche se una lista presenta le candidature in modo irregolare viene comunque riammessa..alla faccia della democrazia; la democrazia è fatta di regole e chi non le rispetta ne paga le conseguenze, mi spiace dirlo ma questa volta Napolitano non doveva firmare il DL salva liste e gli elettori di centro destra che non potevano votare o che comunque non avrebbero avuto la possibilità di votare specificatamente per il PDL nella scheda elettorale dovrebbero solo prendersela con l'incapacità dei dirigenti del suo partito non con la sinistra o con chissa' chi altro.

venerdì 5 febbraio 2010

NON SPARIAMO A ZERO SU MORGAN

In questo mio post vorrei affrontare il tema che ha così fatto scalpore e scandalizzato i benpensanti sulle dichiarazioni del cantante Morgan che ha ammesso di fare uso di cocaina da anni e che la ritiene un elemento che le consente di affrontare meglio la vita diciamo o che comunque lo sorregge nei momenti di depressione.
Premetto subito che queste dichiarazioni "spot" a favore della droga non sono di buon gusto e sono di pessimo esempio per il mondo giovanile che egli vuole rappresentare.
Ma io mi scandalizzo molto di più per quelle finte verginelle del mondo dello spettacolo che hanno additato Morgan come il male assoluto della società, come il simbolo della devianza come se non si sapesse che gran parte dei divi della musica e dello spettacolo fanno uso di sostanze stupefacenti per non parlare anche di una fetta di politici. Ecco Morgan ha sbagliato a dichiarare quelle cose, e su questo non ci piove minimamente, ma forse la sua colpa è stata quella di esser stato troppo sincero sulle sue debolezze e sui suoi problemi, l'accanimento che si è mostrato nei suoi confronti è eccessivo e magari anche quei benpensanti che ora lo criticano in passato hanno fatto uso anche loro di droghe e altre schifezze simili.
Se non si vuole a sanremo Morgan non si doveva accettare nel passato neppure Vasco Rossi per esempio visto che è acclarato che anch'egli faceva uso di sostanze stupefacenti ma l'ipocrisia di un certo mondo dello spettacolo chiude gli occhi per il business economico di fronte a certe situazioni.
Si preferisce scegliere un capro espiatorio e crocefiggerlo per lavarsi tutti la propria coscienza, compresa la Rai che fa la moralista su questo episodio ma poi manda in Tv all'ora di cena scene di guerra, sesso e quant'altro che va contro la morale comune.

lunedì 11 gennaio 2010

L'UDC DA CHE PARTE STA?

Con l'avvicinarsi delle elezioni regionali, che si svolgeranno nel prossimo Marzo, mi preme focalizzare l'attenzione sul partito di Pierferdinando Casini che si presenterà a questa competizione elettorale in un ruolo particolare, cioè senza vincolo di coalizione ma alleandosi a macchia di leopardo a seconda delle varie situazioni locali regionali di volta in volta con il centrodestra o con il centrosinistra.
Capiterà quindi di vedere l'Udc alleato con la Lega ad esempio in Veneto e contro la Lega e con il centrosinistra in Piemonte ad esempio.
Questo comportamento di una politica dei "due forni" era di prassi anche per la vecchia democrazia cristiana e sorge il dubbio che essa venga messa in atto non tanto per essere l'ago della bilancia ma per stringere alleanze con i possibili governatori vincenti per poi spartirsi le nomine ed i posti; esempio, in Veneto si sa che quasi sicuramente vincerà Zaia il leghista, bene l'udc va col centrodestra....nelle regioni rosse è presumibile che vinca il centrosinistra e che si fa? Ci si allea col centrosinistra! Portando a motivazione di tali ambigue alleanze variabili il fatto che il bipolarismo è da cambiare, che PD e PDL sono partiti che non vanno bene, e facendo credere che l'Udc possa essere il vero, osannato centro della politica italiana.
Ma comportandosi cosi, invece, si rafforza il bipolarismo tanto deprecato da Casini & C, facendo vincere a mani basse, alleandosi con l'uno o con l'altro proprio PD e PDL, i nemici tanto odiati; è questa l'ipocrisia dell'Udc che strepita contro la Lega e poi la appoggia in Lombardia; se avessero voluto veramente combattere i due poli l'Udc doveva far scendere in campo dei proprio personali candidati governatori per combattere gli odiati nemici, non allearsi con essi...questo è un atteggiamento a mio avviso ipocrita che cela solamente il solito istinto di potere e di poltrone che pervade tutti i partiti della politica italiana.